I soldi non mancano. Il problema adesso è: chi li spenderà e come

Temeva, Giuseppe Conte, di non poter essere lui a gestire e spendere l’inaspettato afflusso di risorse provenienti dall’Europa, per i giochi e i giochini politici – veri o presunti – che si stavano realizzando nel dietro le quinte di una politica italiana dalla trama debole, improvvisata e provvisoria.

“Ora i soldi muovono la politica”

Poi però sono arrivati gli applausi e la stima – anche quella, vera o presunta – per un premier che nella trattativa di Bruxelles, dove ognuno ha cercato di tirare più acqua possibile al proprio mulino (a cominciare dal rappresentante del Paese per eccellenza dei mulini, a vento), con il determinante ausilio di alcuni ministri, tutti Pd, del suo Governo, ha saputo tenere botta, riuscendo a far assegnare all’Italia tanti di quei soldi (207 miliardi di euro, 81 dei quali a fondo perduto) che ora il problema sarà come spenderli. Insomma, la politica a Bruxelles ha mosso i soldi. Ora i soldi muovono la politica.

Finito di applaudire Conte, la questione è diventata chi e come debba gestire i fondi europei per far ripartire l’economia massacrata dal coronavirus. Anche perché si sa che in politica poter contare sul denaro equivale alla possibilità di creare consenso. E allargare il proprio potere.

Escluso fin da subito che si possa affidare la gestione delle risorse all’ennesima commissione di super-esperti, si sta facendo strada una via intermedia, con Conte (e soprattutto il ministero dell’Economia e i suoi tecnici) a dettare e redigere progetti e obiettivi (il ‘Piano nazionale delle riforme’ da presentare in Ue dev’essere pronto per ottobre).

Ma con il Parlamento, il bistrattato e ormai quasi istituzionalmente impalpabile Parlamento italiano, a dire la sua tramite due commissioni, una della Camera e una del Senato. In cui coinvolgere anche le forze di opposizione, a partire dalla ‘dialogante’ Forza Italia. Se questo schema operativo (Giuliano Amato lo ha ‘benedetto’, dicendo che alla responsabilità del Governo si deve affiancare necessariamente quella delle Camere) sarà rispondente alle direttive europee ed efficace nel direzionare dal 2021 nella maniera più incisiva tutti i fondi teoricamente a disposizione, lo sapremo in autunno.

Mattarella:si faccia “concreto ed efficace programma di interventi”

Nel frattempo, uno dei pochi, veri saggi del nostro tempo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con poche parole ha saputo condensare quanto successo a Bruxelles e quello che dovrà accadere nelle prossime settimane in Italia.

Per Mattarella, l’esito della trattativa Ue “contribuisce alla creazione di condizioni proficue perché l’Italia possa predisporre rapidamente un concreto ed efficace programma di interventi”. Un commento le cui parole chiave sono nel testo (“concreto ed efficace programma di interventi”) ma anche fuori dal testo.

Perché il Capo dello Stato si è guardato bene dall’usare il termine ‘riforme’, che in Italia da decenni vuol dire tutto e niente. Inutile, dunque, elencare nuovamente i settori da cui ripartire per modernizzare il Paese (sanità, scuola, pensioni, pubblica amministrazione, lavoro): un Paese che ha bisogno, senza tanti giri di parole, di più sviluppo e maggiore equità sociale.

Dove intervenire si sa. Meno il come.

Come arrivarci, lo devono decidere le forze politiche di un panorama italiano in cui sembrano regnare non l’ancoraggio a valori e ideali definiti ma improvvisazione, opportunismo e ricorso a furbizie e stratagemmi. E in cui le differenze di approccio tra le diverse forze politiche si stanno progressivamente minimizzando, a partire dal linguaggio, con “una sorta di involontaria omologazione del ceto politico”, come ha scritto Marco Follini.

Dunque, non bisogna farsi illusioni sulla possibilità che la generazione politica tutta, attualmente al comando in Italia riuscirà nell’intento di usare al meglio i tanti soldi europei per evitare il baratro e rigenerare la spenta vitalità di un Paese dove è dimostrato – come ha fatto notare lo stesso Giuliano Amato – che “sappiamo spendere soprattutto per distribuire sussidi”. In questa decisiva partita, non basterà lanciare soldi dall’alto con l’elicottero. Per fare le riforme servirebbero veri e convinti riformisti.

Daris Giancarlini