I Vescovi umbri alla festa dei Ceri

Torna la festa dei Ceri e quest’anno, alla grande folla di eugubini e turisti, ci saranno anche una decina di vescovi. Mons. Mario Ceccobelli, vescovo di Gubbio, infatti, ha invitato i suoi confratelli umbri. Si troveranno insieme il 15 prossimo, facendo una sosta che oltre ad essere folkloristica ha anche un aspetto religioso, in riferimento alla festa liturgica di Sant’Ubaldo del giorno successivo. La presenza dei vescovi è un avvenimento unico, che indubbiamente piacerà molto agli eugubini e darà lustro alla solennità già di per sé così famosa. In questa scelta c’è forse anche l’intento di sottolineare l’origine devota della manifestazione, che trova la sua radice nell’attaccamento degli eugubini al loro santo patrono, vescovo predecessore e modello dei suoi successori. I Ceri sono, appunto, ceri, portati in onore di Sant’Ubaldo e dei due santi che lo accompagnano Antonio e Giorgio che svettano nella veloce corsa verso la Basilica. In questi simboli si identificano le istituzioni regionali, che li hanno scelti per la loro bellezza e originalità, ed anche per la loro grande popolarità. La presenza dei vescovi in quest’anno dà una mano a chi non vuole che venga perduto il simbolismo religioso nella dominante deriva secolaristica della cultura del nostro tempo. La città si prepara alla festaCon una puntualità scandita dal ritmo dei secoli, introdotta, nella prima domenica di maggio, dal festoso ritorno dei Ceri in città dalla basilica sul monte Ingino, Gubbio si prepara a vivere la festa dei Ceri, affascinante manifestazione folkloristico-tradizionale che il 15 maggio di ogni anno, con un cerimoniale e riti singolari e coinvolgenti, vede un popolo intero mobilitarsi per rinnovare un atto di omaggio e di devozione al proprio patrono sant’Ubaldo. Da Anita Seppilli a Piero Luigi Menichetti, da Fernando Costantini e Pio Cenci, per citare alcuni degli studiosi più noti, è arrivata quella conferma che per ogni eugubino è una certezza: la festa dei Ceri ripropone ancora oggi, aggiornata nei ritmi e nella forma, quel pellegrinaggio che il 15 maggio 1160 vide i cittadini di allora salire, con i ‘ceri’ (candele) in mano, verso la cattedrale quasi a voler percepire gli ultimi respiri del Vescovo morente. Sant’Ubaldo aveva guidato la Chiesa di Gubbio, e non solo, dal 1129 al 1160, incidendo profondamente sulla vita spirituale e sociale, testimoniando solidarietà verso i diseredati (sua la disposizione che imponeva un ‘hospitales’ presso ogni chiesa o convento), predicando la fratellanza ed il perdono, ricostruendo la città dopo uno spaventoso incendio (1126), difendendola dall’assedio delle undici città confederate (1154) e convincendo il Barbarossa (1155) a risparmiarla dalla distruzione. È da allora che a metà maggio Gubbio, attraverso le confederazioni di arti e mestieri, rinnova un gesto di amore, di devozione, di gratitudine. I ‘ceri’ hanno assunto forme monumentali, sulla scia di un ‘aggiornamento’ che non ha snaturato più di tanto la sostanza. Per la travolgente manifestazione tutto è ormai pronto: Marino Ridolfi e Tersilio Pierotti, primo e secondo capitano, Mauro Pierotti, Marino Rossi, Raffaele Mengoni, capodieci dei Ceri di sant’Ubaldo, san Giorgio e sant’Antonio, hanno preso confidenza dei ruoli. Nelle case la ‘divisa’ da ‘ceariolo’, segno di distinzione e di orgoglio, è tirata a lucido: pantaloni bianchi, fascia e fazzoletto rosso, camicia gialla (Sant’Ubaldo), azzurra (San Giorgio), nera (Sant’Antonio). I colori sono l’unico segno distintivo di una giornata particolare. Per capirla bisogna viverla, ma con l’umiltà necessaria per apprezzarne l’unicità e la grandezza.

AUTORE: Giampiero Bedini