Il bene del Paese di Francesco Bonini

Vent’anni fa, il 18 febbraio 1984 veniva solennemente firmato l’accordo di modifica del concordato del 1929. È un anniversario pacifico. Proprio per questo può essere utile rileggere l’articolo primo. Ribadendo che Stato e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, la Repubblica e la Santa Sede si impegnano “al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti e alla reciproca collaborazione e per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”. Qui sta il punto: la promozione dell’uomo e il bene del Paese. Che oggi sembrano beni così preziosi ma anche così lontani o difficili, in un passaggio politico di rara confusione e di permanente guerra di tutti contro tutti. Attori politici sempre più deboli, dal governo all’opposizione, provocano interventi, come quelli recenti del presidente della Repubblica e del presidente della Camera, che hanno ben pochi precedenti. Si avvicinano le elezioni e una malintesa cultura del maggioritario, insieme ad accenni di forzature carismatiche, tendono a enfatizzare e sopravvalutare qualsiasi scadenza elettorale, trasformandola, da sereno giudizio degli elettori su programmi e bilanci, in una sorta di medioevale ordalia. Eppure la sensazione è che i tradizionali appelli a moderare i toni, ad abbassare il livello dello scontro non sortiscano effetti, se restiamo all’interno del gioco politico. O se lo riproduciamo a cascata in territori contigui, come dimostra ad esempio il dibattito sulla riforma della magistratura o quello ancor più delicato sulla riforma costituzionale. I toni salgono quando si hanno meno argomenti. D’altra parte non è giusto e non è lecito pretendere troppo dalla politica. Ma qui sta probabilmente il vero problema. L’obiettivo di realizzare “la promozione dell’uomo e il bene del Paese”, che è poi una espressione sintetica per indicare la sostanza della democrazia, richiede una molteplicità di attori sociali e istituzionali e richiede una dialettica anche dura, ma virtuosa, cioè finalizzata non alla reciproca delegittimazione, ma a una serie di pratiche realizzazioni. Per centrare questo obiettivo occorrono delle condizioni istituzionali, politiche, sociali e culturali ben precise: un sistema di pesi e contrappesi tra i poteri dello Stato, una valorizzazione delle autonomie in senso non conflittuale, una dialettica tra le parti sociali ben temperata, un tono alto del dibattito e, dunque, del sistema della comunicazione. Ne siamo ben lontani: qui, comunque, ad esempio si collocano tante iniziative dei cattolici in questi anni. Ma, almeno, avere obiettivi elevati può aiutare a non farsi travolgere o appiattire e guardare oltre le polemiche in corso con realismo, ma anche con fiducia.