Il cibo sintetico è sano e sicuro?

di Andrea Zaghi

È scontro sulla carne sintetica. L’ultimo scontro, in ordine di tempo, sui temi dell’agroalimentare, della buona tavola italiana, delle tradizioni contrapposte – spesso in modo strumentale – alla modernità, che non sempre, d’altra parte, appare nuova né soprattutto immune da rischi e dubbi. Quello dell’alimentazione si dimostra così ancora una volta un tema dividente, in cui gli schieramenti si fanno netti e intransigenti, mentre la lucidità sembra perdersi nelle polemiche. L’ultimo tema del contendere è appunto quello del divieto in Italia ai cosiddetti cibi sintetici (la carne, ma non solo).

Il nostro Paese da pochi giorni si è dotato di una legge che vieta produzione e importazione di alimenti ottenuti con metodi che non siano quelli tradizionali. Principale imputata, la carne sintetica o “coltivata”, cioè un derivato da cellule staminali (indifferenziate, quindi capaci di diventare cellule muscolari, ad esempio) prelevate da un animale vivo, o comunque da carne “vera”, e fatte sviluppare in grandi contenitori (bioreattori) che riproducono le condizioni nelle quali queste cellule si troverebbero nel corpo dell’animale. Metodo certamente rivoluzionario dal punto di vista produttivo, non certo da quello biologico, dato che si fanno le prove da circa dieci anni. Metodo, soprattutto, molto efficiente, visto che da una sola cellula possono essere prodotti circa 10 tonnellate di carne in poco tempo.

Ma è davvero carne quella che si ottiene da questo procedimento? Sulla risposta gli schieramenti si sono formati e scontrati. È carne buona e sana secondo i sostenitori, che aggiungono l’assenza di antibiotici, il danno ambientale più basso, l’assenza di consumo di acqua e suolo per allevare gli animali, la diminuzione del numero di animali uccisi, la possibilità di dare carne anche anche a chi non può permettersela. È invece un obbrobrio biologico per i detrattori, che mettono sul tavolo dubbi come la possibilità di tumori determinate dalle staminali, l’assenza di studi approfonditi sulla sicurezza nutrizionale, l’elevata produzione di anidride carbonica e l’alto costo energetico del procedimento. Senza dire, per questi ultimi, il rischio per gli allevamenti tradizionali che hanno fatto della qualità, della cura degli animali e dell’ambiente, oltre che delle tradizioni, i loro cavalli di battaglia.

Numerosi i componenti nei diversi schieramenti; ma, in Italia almeno, paiono più forti e combattivi quelli contro questi alimenti. A iniziare da Coldiretti, che ricorda come 3 italiani su 4 siano contrari alla carne “in provetta” e alla sua commercializzazione. Un dato che ha accompagnato una grande raccolta di firme (arrivate a oltre due milioni), a cui hanno aderito decine di sigle associative di tutti gli orientamenti politici, 2.000 Amministrazioni comunali, le Regioni e numerosi parlamentari. Di fronte a tutto questo – che tra l’altro ha portato anche a interpellare il Quirinale – è forse opportuno ricordare alcuni princìpi come la libertà di scelta anche nell’alimentazione, e quindi la necessità di dare una precisa, completa e comprensibile informazione su ciò che si può acquistare e mettere in tavola. Princìpi ai quali la scienza può e deve dare supporto. In un Paese civile gli alimenti, comunque e sempre, devono essere sani, controllati, sicuri. Per tutti.

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