Il linguaggio delle cose

Spesso il dialogo con i laici, intesi come coloro che escludono come punto di riferimento culturale il pensiero cristiano, risulta difficile. Essi, infatti, ritengono che ogni affermazione che proviene da una persona o da un ambiente cattolico, sia di carattere fideistico e pertanto valido solo per coloro che credono. Così pensano a proposito delle dichiarazioni della Chiesa sul divorzio, aborto, statuto dell’embrione, fecondazione artificiale, eutanasia e argomenti simili. Si deve osservare che taluni di questi argomenti sono trattati dalla Chiesa, sì, alla luce della fede, ma non in maniera fondamentalista o semplicemente religiosa, quanto piuttosto come frutto di riflessione razionale sulle cose, la loro natura, l’aspetto umano e sociale, in vista del bene della società. La fede che viene affermata e professata dalla Chiesa non è mai disgiunta da una riflessione razionale che tenga conto delle situazioni in cui l’uomo vive e sviluppa la sua storia. Quando la Chiesa ad esempio dichiara che l’embrione umano va rispettato e riconosciuto come un essere umano, sia pure iniziale, ha come alleata la scienza che può affermare, senza ombra di dubbio, come ha dichiarato un recente convegno scientifico svolto al Policlinico Umberto I di Roma, che l’embrione è un vero e proprio soggetto in quanto “realtà biologica definita”, protagonista, fin dal concepimento, del suo esistere e individuo che “autonomamente e gradualmente realizza un disegno presente nel suo stesso genoma”. Il Papa pertanto non fa che giungere alle conseguenze sul piano del comportamento da avere verso questo “essere umano” e la logica legislazione che si dovrebbe apprestare per tutelarne il normale sviluppo. “La scienza – ha costatato il Papa parlando Domenica scorsa all’Angelus – ha ormai dimostrato che l’embrione è un individuo umano che possiede fin dalla fecondazione la propria identità”, pertanto ” è logicamente esigibile che tale identità venga anche giuridicamente riconosciuta”. Come si vede il ragionamento non è tratto dalla fede cristiana, ma dalle indicazioni della scienza e dalla norma universale propria della cultura moderna secondo cui l’individuo umano è da trattare come fine e non come mezzo, come persona e non come cosa. Ammettere questo, ce ne rendiamo conto, provoca una serie di conseguenze che riguardano la diffusa, legale o illegale, pratica abortiva. Ma così stanno le cose. Si deve quindi ripensare tutto non basandosi più solamente sulla libertà e i diritti della donna, anche se deve essere debitamente informata educata tutelata e ascoltata. Senza entrare nella questione del padre, vi è un altro individuo che deve essere preso in considerazione, anche se si trova ancora nello stadio iniziale della sua esistenza. Altro esempio è quello del divorzio. Siamo in un campo certamente diverso e forse più complesso. Ma non si può negare che una società senza un forte legame familiare, da che mondo è mondo, non è garantita nella sua stabilità e riesce difficilmente a raggiungere i suoi fini, da quelli di educazione civica a quelli economici e di organizzazione della vita collettiva. Ci possono essere casi particolari ed eccezioni contemplate in una legislazione civile, ma l’insistere sul sostegno dell’unione matrimoniale e la stabilità familiare deriva da un interesse per il bene comune più che da dettati religiosi. Il voler “riconoscere” unioni di fatto equiparabili a famiglie per coloro che non si riconoscono nella società e nelle sue leggi sembra un controsenso. Anche qui i criteri di valutazione derivati dalla libertà e dai diritti individuali devono essere commisurati con il dovere della responsabilità verso la comunità di appartenenza. Se poi ci sono dei figli, non si può negare che anch’essi debbano avere un peso non secondario nelle scelte personali e pubbliche. Nelle riflessioni che la Chiesa propone non vi è alcun attentato alla libertà delle persone, non essendovi nei Paesi occidentali un regime teocratico, né alcun attentato alla laicità dello Stato democratico il quale gode di tutta l’autonomia necessaria sul piano legislativo ed esecutivo. Pericoli in questo senso possono provenire da quegli Stati in cui potere religioso e potere politico sono nelle stesse mani.Non pensavamo di dover rivendicare per i cristiani il diritto, tutto laico, di poter dire pubblicamente quello che pensano, essendo cittadini a tutti gli effetti, mentre vengono appellati da taluni esponenti della cultura radical liberista come “oscurantisti”. Il vero “oscurantista” oggi è chi non riesce a vedere la ricchezza e complessità delle cose, il linguaggio della realtà e la dura fatica dell’attuale storia dell’umanità.

AUTORE: Elio Bromuri