Il quiz

A proposito degli ottanta anni di Mike Bongiorno, salutati in tutta Italia e con grandi titoli sui giornali, mi è ritornato in mente il ritornello di una canzone sarcastica cantata tempi addietro da Renzo Arbore e compagni: La vita è tutta un quiz! Bongiorno infatti ha trascorso la sua vita professionale da un quiz ad un altro senza annoiarsi e senza variazioni di riguardo, con una coerenza assoluta persino nelle formule. Si dice formula vincente non si cambia. E chi l’ha trovata può gridare ‘Allegria!’. I riconoscimenti gli sono venuti da tutte le parti, come in una gara in cui nessuno voleva apparire secondo. A parte il solito simpatico guastafeste perugino che risponde al nome di Gianluca Nicoletti, che su Avvenire ha scritto un articolo zeppo di benevola e simpatica ironia, sullo stesso numero di Avvenire (26 maggio) a Bongiorno è dedicato un ampio servizio in cui si mettono in evidenza i molti meriti di questo personaggio che ha contribuito a far crescere gli italiani in questi 50 anni attraverso il suo modo di fare televisione, e cioè attraverso il quiz al quale si deve rispondere in termini oggettivi, al di là delle incerte opinioni soggettive: la risposta giusta è solo una. Purtroppo questa giusta e intelligente osservazione non mi pare che sia servita per far crescere gli italiani al senso della obiettività dei ragionamenti. Tra le migliaia di elogi che gli sono stati rivolti in questa occasione, c’è quello di Flavio Cattaneo che a nome della Rai lo ringrazia affermando che ‘il suo nome è scritto a caratteri cubitali nella storia della tv italiana insieme ai titoli dei suoi programmi che erano capaci di fermare tutti gli italiani davanti al piccolo schermo, tanto che il suo nome è uno dei simboli della tv’. Ed è tutto vero. È persino da preferire un quiz alla Bongiorno ad uno scambio di scatole alla Bonolis. L’occasione degli ottanta anni di Mike Bongiorno, tuttavia, potrebbe costituire un momento di riflessione su quanto si diceva sopra a proposito dei quiz. Forse non sarebbe male che i programmi televisivi oltre a darci informazioni a tutto campo su ciò che avviene nel mondo, oltre a condurre nelle sfere dell’evasione, oltre a tutto quello che fa, bene o male, ponesse qualche quiz in più di quelli che vanno a scavare sul senso di tante cose, di quelle che incidono sull’esistenza delle persone e dei popoli. Lo si fa in certe trasmissioni e con alcuni personaggi, ma si ha l’impressione che non si cerchi tanto la verità quanto lo spettacolo, non più la concordia nella ricerca quanto lo scontro per destar interesse e fare ascolti elevati. Si dice che Bongiorno ha inventato la tv commerciale. E si dice che questo è un bene perché aumenta la pluralità e la libertà d’informazione e siamo d’accordo. Ma non può essere tutto programmato come merce per il mercato e finalizzato alla conquista di nuovi utenti. Oggi, si dice, si legge meno e si vede di più, l’homo legens è sostituito dall’homo videns. E, a parte che si deve frenare questo processo disgregativo che fa pendere la società verso l’analfabetismo, chi opera a livelli di responsabilità nella tv deve farsi carico di offrire opportunità di approfondimenti culturali tali da suscitare la ricerca di risposte sensate.

AUTORE: Elio Bromuri