Il realismo del Papa

‘Continuiamo con determinazione il dialogo’: lo slogan per questo secondo anniversario dell’attacco alle torri di New York lo ha forse coniato il Papa. Già: bisogna sapere rilanciare e il Papa lo fa nel messaggio al cardinale Etchegaray in occasione dell’annuale incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, che prosegue il cammino di apertura che Giovanni Paolo II ha inaugurato ad Assisi nel 1986 e ribadito con grande forza ancora una volta ad Assisi il 24 gennaio 2002. La guerra ingaggiata dalla superpotenza durerà ‘molte generazioni’, ha dichiarato Tom Ridge, responsabile americano per la sicurezza. Eppure proprio le vicende delle due guerre asimmetriche in Afghanistan e in Iraq hanno dimostrato che il momento militare non risolve i problemi. Occorre un quadro di sviluppo di civiltà e un sistema di relazioni nuove, in cui la religione, le religioni non possono non avere un ruolo centrale. ‘Purtroppo, insieme alle Torri, sembrano esser crollate anche molte speranze di pace. Guerre e conflitti continuano a prosperare ad avvelenare la vita di tanti popoli, soprattutto nei Paesi più poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Penso alle decine di guerre ancora in atto e a quella ‘guerra’ diffusa che è rappresentata dal terrorismo’. Il Papa è realista, sa che non si tratta di affermare in astratto la pace, ma di costruire vie di pace. E insiste sul ruolo delle religioni, che pure sono spesso utilizzate per coprire iniziative di guerra, per legittimare le violenze più devastanti. Questa strumentalizzazione deriva forse proprio dalla scarsa capacità di autonoma iniziativa delle grandi religioni, rispetto alle forze politiche, sociali, militari. Qui si colloca l’iniziativa della Chiesa cattolica, che con Giovanni Paolo II mette in gioco se stessa proprio sulle vie del dialogo. E’ un lavoro lento, difficile, pieno di delusioni e di ritorni indietro. Il Papa rilancia: con pazienza, ma anche con una grande fermezza. Costantemente accetta di fare il primo passo, anche a costo di apparenti sconfitte. Rivolto alle grandi religioni dei Paesi in via di sviluppo, determinanti in prospettiva per una governabilità del mondo globalizzato, il discorso del Papa però necessariamente passa in primo luogo attraverso l’Europa e gli Stati Uniti. E passa attraverso la loro capacità di mettere a frutto e rilanciare le radici e l’identità cristiana. Una sfida impellente per la leadership politica, chiamata a scelte di grande respiro storico, ma spesso di levatura modesta. E per questo serve il pungolo, il supporto, l’iniziativa di tutti gli uomini di buona volontà.

AUTORE: Francesco Bonini