Il sacerdozio… secondo i preti

Gli interventi a ruota libera - e le proposte - del clero umbro dopo la presentazione della lettera pastorale dei Vescovi sulle vocazioni

Un anziano prete scrisse nel testamento: ‘Sono felice di essere prete. Vorrei che lo si sappia’. Affermazione semplice, ma non scontata. La bellezza dell’essere prete dovrebbe essere il centro di qualsiasi testimonianza vocazionale. Lo hanno ripetuto e sottolineato i tanti preti presenti ad Assisi, lunedì mattina, dopo la presentazione della lettera pastorale Preti per l’Umbra di oggi. Sono andati a ruota libera, e tutti gli interventi hanno preso spunto dall’esperienza personale e quotidiana, più che dalla lettera dei vescovi.Don Giuseppe Piccioni, parroco di Torgiano, ha sottolineato l’esigenza di cercare nuovi modi per ‘esser preti’. Riecheggiava nel suo intervento la proposta di ordinare uomini sposati di fede provata (i viri probati). Don Mario Curini, parroco a Norcia, ha intravisto un parallelismo tra la situazione attuale delle nostre Chiese e quella vissuta ai tempi di sant’Ambrogio. Si trovava a Milano quando il vescovo morì, e da buon funzionario imperiale cercò che fossero evitati quei disordini spesso provocati dalle tumultuose elezioni ecclesiastiche. Parlò con senno e fermezza nelle riunioni dei fedeli, perché tutto fosse fatto secondo coscienza e nel rispetto della libertà. In seguito a questi suoi discorsi, dall’assemblea si alzò un grido: ‘Ambrogio vescovo!’. Ambrogio, che si trovava in quell’assemblea come funzionario imperiale, non era neppure battezzato, essendo soltanto catecumeno. Sorpreso e anche spaventato, proclamò dunque la sua indegnità; si professò peccatore, tentò perfino di fuggire. Tutto fu inutile. Il bisogno provocò l’elezione. Lo stesso bisogno oggi ‘ secondo don Curini ‘ è segno della chiamata che Dio rivolge alla sua Chiesa: tutta la comunità deve vivere la corresponsabilità anche nella pastorale vocazionale. In questo campo la Chiesa dovrebbe investire le energie migliori, perché i ‘germi di vocazione’ siano ben coltivati. È il pensiero di don Franco Sgoluppi vicario generale di Città di Castello e parroco. Tutte le diocesi dovrebbero sostenere con forza e convinzione il seminario regionale ‘Pio XI’ di Assisi, facendone l’unica comunità educante per i candidati al sacerdozio della regione. Anche don Luigi Filippucci di Foligno sostiene che il seminario di Assisi debba essere il luogo in cui le Chiese umbre si incontrano tra di loro, ma dove si incontrano anche i laici ed i preti. È proprio una fortuna essere preti! In tanti lo hanno riaffermato durante i loro interventi. Don Dante Cesarini lo ha detto con chiarezza, anche se in molti hanno difficoltà a parlare e bene della loro vocazione. Questa grazia non esonera il prete dalle difficoltà, come quella della solitudine e dell’incomprensione. C’è stata anche una forte provocazione lanciata da don Paolino Trani, direttore della Caritas di Città di Castello. Pare che il discorso dei Vescovi ‘cerchi di farci morire in maniera più tranquilla’. Secondo don Trani, ci si sta tranquillamente arrangiando per cercare di trovare qualche soluzione all’inesorabile calo del numero dei ministri ordinati. Da una parte i numeri parlano in modo molto chiaro, dall’altra si dovrebbe affrontare in modo più sistematico il tema della Chiesa ministeriale, ma si dovrebbe anche aver coraggio di rivedere il discorso sul celibato e sul sacerdozio femminile. (Anche se ‘ va detto ‘ le Chiese cristiane che non chiedono il celibato ai loro pastori o ammettono le ordinazioni femminili non navigano in migliori acque della nostra, cattolica latina, ndr). Un capitolo a parte merita la riflessione sulla Chiesa ministeriale e soprattutto sui diaconi permanenti; il loro ruolo oggi forse è un po’ troppo in ombra. Eppure ‘ ha sottolineato don Vittorio Peri ‘ nella lettera pastorale vengono proposti ai preti, come loro modelli, un monaco che non era prete, Benedetto da Norcia, ed un diacono, Francesco d’Assisi. Bisognerebbe pensare come rinnovare la nostra Chiesa, o come rinnovare i nostri presbitèri partendo dalla considerazione che il Vaticano II parla di presbiterio unito al vescovo, cioè parla di preti al plurale, che devono dare una testimonianza collegiale e comunitaria. Forse dovremmo parlare di tutto questo senza mai prescindere dal ruolo dei diaconi permanenti, ministri ordinati e quindi parte integrante del clero. Questa è una strada da approfondire di più’ per l’Umbria di oggi.

AUTORE: Francesco Mariucci