“Nel mondo globale, l’uomo non sopporta di essere senza radici, e si rifugia nel fanatismo. Ma questo è perversione delle religioni”. Lo ha affermato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, all’incontro “Cattolici e sciiti. Responsabilità dei credenti in un mondo globale e plurale” svoltosi il 24 marzo a Roma.
Riccardi ha ricordato come lo scenario internazionale sia attraversato da numerose crisi e conflitti, veri e propri “momenti di prova per le religioni, per i cristiani in Pakistan, Iraq, Nigeria ma anche per gli sciiti. Non c’è dialogo senza libertà religiosa: da Paolo VI fino a Giovanni Paolo II, la Chiesa ha impersonato l’impegno delle religioni per il dialogo e la pace. Noi ci muoviamo su questa linea”.
Alle parole di Riccardi hanno fatto eco quelle del card. Jean-Louis Tauran: “Esiste per un popolo un flagello peggiore della guerra? No”. Il pensiero del porporato è andato subito alla Siria, entrata nel suo quinto anno di conflitto, con “215 mila morti, 7 milioni di sfollati interni, 4 milioni di rifugiati nei Paesi confinanti”. Davanti a queste cifre, ha detto Tauran, è lecito chiedersi da dove tragga origine la guerra.
E i motivi vanno cercati nelle “discriminazioni, nelle persecuzioni, nelle pulizie etniche, nei genocidi, anche culturali, come quelli portati avanti in Iraq dal sedicente Stato islamico. Grave, inoltre, è l’incitamento alla violenza da parte dei leader religiosi, per esempio in Pakistan contro i cristiani, sui quali spesso pende la falsa accusa di blasfemia. Quanta pena si prova a sapere che scuole, in particolare religiose, sono un vivaio di futuri terroristi”.
La pace, ha argomentato il cardinale, “non si può ottenere se non viene tutelato il bene delle persone. È necessario avere la ferma determinazione di rispettare la dignità degli altri popoli e degli altri uomini. Il discorso religioso ha l’obbligo di favorire il rispetto reciproco e la pace sociale, specialmente in tempi di crisi”.
“Il dialogo non deve restare confinato ai dotti e alle élite”, ha sottolineato Jawad Al-Khoei, segretario generale dell’Al-Khoei Institute, ma deve diffondersi tra la gente. “Perché il dialogo si affermi, occorre innanzitutto contrastare l’estremismo religioso, tanto diffuso nel mondo”.
Un punto fondamentale è “l’accettazione del pluralismo quale principio umano e divino, come indica il Corano. Non ci sono differenze tra i popoli. Una certa ostilità tra i seguaci di alcune religioni nasce dalla mancata comunicazione diretta, specie tra le loro autorità religiose. La mancata comunicazione crea ignoranza dell’altro; di qui nascono le diffidenze. Ci sono ampi spazi comuni tra l’islam e le altre religioni monoteistiche, e vanno ‘abitati’ per costruire ponti di comprensione”.
Non sempre è stato così, ha ammesso il teologo libanese Mohamad Hassan Al-Amine. “Ci sono stati nell’islam – come nel cristianesimo – duri conflitti tra le diverse correnti circa la dottrina e la sharia. Per questo, oggi chiedo ai leader musulmani di organizzare incontri di dialogo basati sull’autocritica. L’autocritica trasparente e aperta incoraggia a rivedere i presupposti che ognuno ritiene sacri mentre in realtà non lo sono, non fanno parte dell’essenza della religione, e sono solo il frutto di una chiusura confessionale che porta all’ostilità e all’inimicizia verso chi ha un pensiero differente”.
È da questo atteggiamento che nasce “l’immagine terrificante e dolorosa che molti popoli hanno dell’islam; che è invece una religione che esorta alla pace e alla carità. È necessario dire che la religione non ha nulla a che fare con i gruppi estremisti che commettono crimini orrendi in nome della fede”.
I PARTECIPANTI
L’incontro “Cattolici e sciiti” si è svolto il 24 marzo a Roma per iniziativa della Comunità di Sant’Egidio e della Imam al-Khoei Foundation, fondazione internazionale legata alla massima autorità religiosa dell’islam sciita iracheno, l’ayatollah Ali Sistani. Erano presenti, tra gli altri, dignitari religiosi sciiti di primo piano provenienti da Iran, Iraq, Libano, Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, e i cardinali Reinhard Marx, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea (Comece), e Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso.