L’ informazione che gira a vuoto

di Pier Giorgio Lignani

Quando l’ informazione impazzisce. Sui cosiddetti social, si sa, fra milioni di baggianate che gli imbecilli sono liberi di scrivere, ogni giorno ce n’è una che per misteriose ragioni viene letta e rilanciata da milioni di persone e fa il giro del mondo. Ma anche i giornali seri, quelli stampati, firmati da fior di direttori, qualche volta entrano in orbita.

C’è stato un fatterello insignificante che per giorni e giorni ha occupato pagine intere dei maggiori giornali italiani, con spreco di titoli e di commenti affidati a firme illustri. Si tratta di un dibattito organizzato a Bologna sul tema dell’immigrazione, cui partecipavano fra gli altri l’arcivescovo Zuppi (“don Matteo” per i fedeli) e una giovane signora leghista che è sottosegretaria nel Governo in carica. È successo che la sottosegretaria, fatto il suo intervento, se n’è andata senza ascoltare quello del vescovo, come aveva correttamente preavvertito giustificandosi con un impegno in un’altra città. Vorrei avere un euro per ogni volta che ho assistito a fatti del genere. Ma in questo caso è scattato qualcosa.

Duemila cittadini bolognesi benpensanti ci hanno visto un affronto al vescovo, e hanno scritto una lettera di protesta contro la sottosegretaria. La lettera è stata pubblicata e commentata dai giornali. Poi, a sorpresa, quella lettera è stata firmata anche dal padre della sottosegretaria. Sono seguite interviste al padre su ciò che pensa della figlia. Commenti alle dichiarazioni del padre. Interviste alla figlia su ciò che il padre ha detto di lei. Interviste al padre su ciò che la figlia ha detto di ciò che lui ha detto di lei (non scherzo).

Profonde riflessioni di noti pensatori su come cambiano le relazioni fra padri e figli. Nessuno ha chiesto al buon “don Matteo” se veramente si fosse sentito offeso. Soprattutto, nessuno ha scritto una riga su quello che nel famoso dibattito aveva detto la sottosegretaria e quello che il vescovo aveva replicato. Che sarebbero stati i soli argomenti dei quali – in un mondo di informazione non drogata e attenta alla sostanza – sarebbe valsa la pena di occuparsi.