Insolito oggetto votivo: una trivella

Collevalenza. Dono dell’allora capo-sonda a 50 anni dalla scoperta dell’acqua del santuario. Un perfetto modellino in scala

Al santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza ricorrono i 50 anni dal ritrovamento dell’acqua proprio nel punto dove il Buon Gesù aveva indicato a Madre Speranza, perché l’acqua sorgiva servisse come cura per le anime e per i corpi afflitti da tante infermità. Al santuario di Collevalenza quest’acqua sorgiva alimenta sia le fontanine che le vasche dove è possibile immergersi. Madre Speranza stessa ha assicurato che, adoperando quest’acqua, si rinnoveranno prodigi, vi saranno guarigioni da gravi infermità, anche incurabili. “Ma prima di domandare la guarigione del corpo – ci ha detto p. Alberto, rettore del santuario – occorre curare le piaghe dell’anima ricorrendo ai sacramenti presso il santuario dove ci attende il Padre che perdona, dimentica, non tiene in conto, ci attende a braccia aperte. I Figli dell’Amore Misericordioso, negli anni, hanno sempre sistematicamente proposto, ai fedeli che si sono riconciliati con il sacramento della confessione, la liturgia delle acque come gesto di purificazione. L’acqua va utilizzata con molta fede e fiducia, sostenendo la richiesta di guarigione con la preghiera, in particolare con la novena all’Amore Misericordioso composta da Madre Speranza. E qualora la volontà di Dio non coincidesse con le nostre richieste, occorre aprirsi all’accettazione serena della propria sofferenza in unione alla passione di Cristo Gesù”. Qualche cenno sulla storia dell’acqua che sgorga l’abbiamo chiesto a Bruno Benfatti, che nel 1960 era il capo-sonda della ditta De Togni di Isola della Scala (Vr) incaricata della trivellazione del pozzo del santuario di Collevalenza. In questi giorni Bruno Benfatti, a 50 anni dal compimento dell’impresa, si è presentato con i suoi familiari al santuario per donare un modello in scala, perfettamente funzionante, della trivella che nel 1960 trovò l’acqua. Lo abbiamo incontrato e ci ha detto: “È una storia di fede e di lavoro. Com’è noto, Madre Speranza in una sua estasi aveva ricevuto da Gesù l’incarico di trovare l’acqua sul colle del Roccolo. Nonostante tutti fossero convinti che su quel colle non ci fosse acqua e che tutto il lavoro fosse un inutile spreco di risorse e di energie, Madre Speranza, falliti alcuni tentativi operati da ditte locali, affidò alla ditta De Togni di Isola della Scala (Vr) l’incarico della trivellazione di un pozzo artesiano”. “Io ero il capo-sonda – prosegue – e mi trovai a lottare contro forze contrarie che mettevano continuamente a rischio l’avanzamento della perforazione… Seguendo le indicazioni di Madre Speranza, che giorno per giorno seguiva le fasi del lavoro e consigliava nelle decisioni da prendere, riuscii a portare a termine questa bella impresa da tutti considerata impossibile. Fu così che, giunto a diverse profondità, prima a 92 metri, poi a 114, poi ancora a 120 e infine a 122, sgorgò abbondante l’acqua che alimenta oggi le vasche per l’immersione e il santuario, meta ogni anno di migliaia di pellegrini che vengono con tanta fede per chiedere al buon Gesù di alleviare le loro sofferenze o per ringraziare dei doni ricevuti”. “A 50 anni di distanza – dice Benfatti a conclusione del nostro incontro – sono venuto al santuario per offrire questo simbolo e celebrare la mia esperienza di vita e di fede, che mi ha segnato per sempre”.

AUTORE: Antonio Colasanto