La Chiesa diocesana a confronto in una grande assemblea

Orvieto / Convegno ecclesiale partecipato da trecento persone sul tema "Io sono con voi"

Sono arrivati in trecento dai luoghi più vari e dispersi della diocesi, in un incerto pomeriggio di fine settembre, disinvolti e tranquilli, e, come scolari coscienti e composti, si sono assisi nell’ampia aula quattrocentesca di un monumentale palazzo in attesa del maestro. Così è iniziato in Orvieto nella sede abituale dei congressi, il giorno 29 scorso, l’annunciato sulla carta Convegno ecclesiale “Io sono con voi” ed ora stabilmente impresso nella pagina interna del cuore per il vivo convincimento della sua presenza. La Chiesa lo sa che tutta la sua sicurezza dipende da questo di Lui “esserci”, nel quale c’è anche il nostro “esserci”, se veramente Gli apparteniamo. Ecclesia e Cristo si identificano da sempre, come l’anima e il corpo. Perciò il primo atto è stato quello di evocare la sua reale presenza attraverso l’innalzamento o l’intronizzazione – termine un po’ scaduto , ma significativo- di un’ immagine che realisticamente lo richiamasse, più che per debito di devozione, di convinzione dichiarata che senza di Lui anche una massa considerevole di gente non è né viva né forte; un’immagine che lo esprimesse in un momento dinamico, una penetrante figura di uomo che porta la croce, di Salvatore in rischio, impegnato in una fatica e in una sofferenza epocale; un’immagine, di fatto, sottratta dal chiuso sacro recinto di un convento di suore e legato alla devozione di un vecchio prodigio, per farne l’insegna, l’icone, onde trarne la forza e la direzione di una rinascita e di una volontà di ripresa. Lui solo è il maestro, il quale non cessa di parlare alla Chiesa che Lo ascolta. “Ripartire quindi da Cristo, dopo esserselo bene impresso addosso: il Cristo non umanizzato dagli uomini e dalla storia, ma quello umanizzato da Dio”. In un mondo assuefatto a processi di riadattamento e di riciclaggio, perché incapace di creare, la sete di novità equivale a ricerca di autenticità: è possibile comunicare ancora la fede – si sono domandati i Pastori dell’Umbria e d’Italia – nell’era della globalizzazione, di internet e della società multireligiosa solo lasciandosi interpellare dalle novità dei tempi ? La risposta data dai giovani è positiva: quindi le nostre Chiese hanno ancora risorse e vitalità da spendere. A questo scopo un Convegno ecclesiale non si risolveva più in un evento di pastorale specifica, ma “in un fatto di Chiesa, che non solo in ascolto ma in studio e confronto davanti a Cristo sostava, consapevole ormai che solo da Lui è necessario ripartire. Il Vescovo, in apertura, con poche decise battute, ha orientato la coralità del concerto: “il compito di portare Cristo nel mondo è divenuto più difficile. Una volta la tradizione era d’aiuto, oggi invece è più fatica a mantenerla. Bisogna quindi in un certo senso rigenerare la fede alla sua fonte per comunicarla ad un mondo, troppo distratto e chiuso, in continua evoluzione nella ricerca di novità solo appaganti. E così aprire in esso, tra le maglie ristrette dalla voluttà di vivere, varchi possibili per aiutare gli uomini che non hanno più tempo, a ritrovare spazio per Cristo, unico Salvatore dell’uomo e del suo destino”. L’attimo riservato alla preghiera, all’alitare dello Spirito, era già scontato. Immediatamente l’auditorium diveniva Cenacolo. Era l’ora in cui una guida doveva prendere per mano l’uditorio e condurlo a contatto di una esperienza dal vivo del Cristo, per “ripartire da Lui”: la scelta è stata semplicemente felice: don Gualtiero Sigismondi ha lodevolmente assolto il suo compito. L’itinerario era già segnato dal documento pontificio Novo millennio ineunte: la vicenda dei discepoli di Emmaus, così come raccontata in quell’ incantevole pagina del Vangelo di Luca (Lc. 24,13-35): ognuno ha ascoltato senza battere ciglio, ma non si sono domandati gli uditori, come i disorientati e tristi discepoli chi fosse lo strano viandante che si era loro associato e conosceva così bene le cose.Lo sapevano già; nondimen o come è successo ai primi, non si sono affatto sottratti alla stessa sensazione dell’ardore del cuore. Siamo sicuri che ognuno, alla fin fine, Lo ha invitato ad entrare. Nell’immediato successivo dibattito se n’è avuta la prova. E così più tardi e nel giorno seguente, quando è toccato ai coniugi Pagnottelli di Viterbo di indicare “la scelta di seguire Cristo nella famiglia” e al padre Pietro Messa “l’altra scelta di seguire Cristo nel sacerdozio e nella vita religiosa”. Relazioni e testimonianze e interventi che dovranno essere riletti e meditati, riferiti ed analizzati ampiamente negli atti del Convegno, perché diventino autentico concerto di vita e fermento d’azione. Ma quella pagina del Vangelo, messa lì come pietra di fondamento, ha continuato sicuramente a fomentare l’ardore anche nei cuori più restii e più chiusi. Per nostro conto, l’abbiamo risentita viva e palpitante, e con tonalità più elevate di autentica ispirazione, nella Veglia notturna di preghiera, a sera alta, tra le mura di un monastero francescano di clarisse, nella chiesa del Buon Gesù. Dove voci, accenti, e sospiri e suppliche, uscivano da labbra e petti, soprattutto di giovani, scaricando quell’ansia di un mondo e di un’epoca d’affanno, che le vane pretese di facili moderni sociologi non riescono minimamente a penetrare, nel largo respiro di un clima misticamente acceso di intima e profonda confidenza, a tu per tu, concessa dalla bontà di un grande signore, il Signore Gesù. Ma dove finalmente ci è riapparsa con estrema potenza e lampante evidenza, lo dobbiamo pur dire, è stata in quella mirabile assemblea eucaristica, che nel vano monumentale del Duomo si è stampata a caratteri di fuoco- fuoco dei cuori e fuoco dello Spirito -, dove veramente il cenacolo ha assunto dimensioni di grande portata; in quella massiccia concelebrazione della liturgia domenicale vespertina, a chiusura del convegno ma ad inizio di un’era nuova, quasi edizione plenaria di una Chiesa ancora prepotentemente viva, dove, ad un certo punto dell’ intero concento, a coronamento di tutto, si è levato un assolo sublime, alla chiamata del Vescovo: Eccomi ! vengo . Si, lo voglio!. Un giovane infatti si è staccato definitivamente dalla massa e si è apprestato all’altare. Il rag. Andrea Rossi di Baschi aveva maturato la sua scelta, aveva definitivamente abbandonato il mondo per seguire Cristo, come diacono, a servizio dei poveri nella Chiesa di Dio.Era questo il meglio e forse il successo più immediato e convincente di un Convegno ecclesiale ben riuscito.

AUTORE: M.P.