Perugia celebra san Costanzo e la sua fedeltà al Vangelo

San Costanzo è “un simbolo di unità tra la tradizione della fede e la storia della nostra città. Come credenti onoriamo in San Costanzo un padre nella fede. Come perugini lo riconosciamo patrono della città e fondatore della diocesi, della quale a metà del secondo secolo è stato il primo vescovo”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Ivan Maffeis, durante la celebrazione del 29 gennaio che ha presieduto in cattedrale a conclusione della festa del santo patrono Costanzo. 

La luce della fede e della speranza

“La luminaria, che ieri sera ci ha visti partecipare numerosi alla processione da Palazzo dei Priori alla chiesa di San Costanzo, è stata l’occasione – oltre che per invocare luce sulla giornata di ciascuno – anche per ringraziare quanti, nella Chiesa come nella Città, portano luce con il loro servizio: per chi diffonde la luce ragionevole della fede e della speranza – in particolare la gratitudine va a diaconi e sacerdoti, tra i quali ricordo don Claudio Faina, che oggi celebra il primo anniversario dell’ordinazione –; grazie, quindi, per quanti portano luce con la loro presenza qualificata e operosa nei luoghi della sofferenza e della carità – ospedale, hospice, case di riposo, Caritas –; grazie per gli uomini e le donne che, nei diversi ambiti della vita civile e sociale, interpretano il loro impegno come servizio del bene comune: amministratori, magistrati, forze dell’ordine, giornalisti”, ha sottolineato il presule.

Il martirio di san Costanzo e le persecuzioni di oggi

“San Costanzo – ha osservato l’arcivescovo – ha pagato con la vita la sua fedeltà al Vangelo; il suo martirio lo avvicina a quello di tanti credenti che anche oggi in varie parti del mondo sono discriminati, torturati e martirizzati”. “La libertà religiosa – ha ammonito – è un diritto essenziale per tutti; oggi, la fede cristiana è la più perseguitata: l’ultimo attacco armato, ieri in una chiesa a Istanbul, in Turchia. In alcune parti del mondo, il Cristianesimo è semplicemente scomparso (Nord Africa) o ridotto al lumicino (Terra Santa, Iraq, Siria…)”. “E noi come ci poniamo?”, ha domandato. “Forse – ha rilevato – restiamo intimiditi e disorientati dal cambiamento d’epoca che ci coinvolge e che sta già trasformando in modo sensibile anche il volto della Chiesa: diventa sempre più importante il rapporto personale, mentre spesso i responsabili delle comunità si trovano il tempo sottratto da strutture sempre più difficili da gestire”. Mons. Maffeis ha poi evidenziato che “la Chiesa fiorisce nella relazione con Dio, non in virtù di qualche privilegio”. 

L’opportunità di una Chiesa più povera e credibile

“Questa missione – con le scelte che impone – disegna il nostro programma pastorale. Il cambiamento in atto – la convinzione dell’arcivescovo – si rivelerà un’opportunità, se lo sapremo vivere così. Ci consegnerà una Chiesa più povera, ma più libera e radicata nell’essenziale; una Chiesa più credibile, perché più credente; una Chiesa capace di farsi prossima alle ferite, alle gioie, alle paure e alle speranze di ognuno per essergli segno e strumento della tenerezza del Padre”. “I frutti già si intravvedono, perfino nel cuore dell’inverno”, ha sottolineato riferendosi, per esempio, “ai giovani che si avvicinano alla Chiesa per prepararsi al battesimo. Molti di loro sono cresciuti in un’altra cultura e in un’altra religione – convertirsi dalla quale è davvero rischioso –: quando chiedo perché vogliano diventare cristiani, rispondono di aver incontrato persone, famiglie e comunità accoglienti; di aver riconosciuto nel Vangelo la proposta di una vita buona, lontana da ogni forma di violenza e di paura, capace di perdono, di riconciliazione, di amore”. E, dopo aver ricordato che “le vere riforme della Chiesa sono state attuate dai santi”, mons. Maffeis ha concluso: “La via è tracciata. Ci sia data la grazia – la chiedo innanzitutto per me, quale indegno successore di Costanzo – di percorrerla per la nostra parte, senza disertare le responsabilità che sono affidate a ciascuno”.

La Luminaria della vigilia

Con la processione della “Luminaria”, dal palazzo dei Priori alla basilica di San Costanzo, nel pomeriggio del 28 gennaio, la comunità civile e religiosa di Perugia era già entrata nel vivo della festa del suo santo patrono; processione a cui hanno partecipato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Ivan Maffeis, il sindaco Andrea Romizi, la presidente della Regione Donatella Tesei, diversi rappresentanti delle Istituzioni del capoluogo umbro e animata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, di San Giuseppe e del Sant’Anello della Cattedrale e dal corteo storico dei figuranti dei cinque rioni medievali della città.

I primi vespri di san Costanzo

Al termine della “Luminaria”, nella basilica di San Costanzo, si sono tenuti i primi vespri con il rito dell’omaggio votivo in memoria del santo di alcuni segni e simboli dell’antico legame tra la Perugia civile e quella religiosa.

Ostinati cercatori di luce

L’arcivescovo Maffeis, nell’omelia, si è soffermato sul significato cristiano della “luce”, esortando tutti ad essere “ostinati cercatori di luce”. “Più luce!’, invoca Goethe nel momento del tramonto della sua esistenza. ‘Più luce!’ invochiamo noi, rispetto all’oscurità che avvolge il nostro tempo, a partire dai tanti focolai di guerra che nel loro diffondersi spengono la speranza e la vita, a conferma della tragica inutilità, della disumanità e dell’immoralità della guerra, di ogni guerra”, ha affermato il presule, per il quale “la via per uscire dalla notte non può essere affidata soltanto alle grandi strategie politiche: la luce passa anche dal coltivare nelle nostre relazioni quei valori fondamentali di rispetto della dignità della persona, che vivono di ogni piccolo gesto di disponibilità, d’accoglienza, di dialogo culturale, di carità generosa”. L’arcivescovo ha evidenziato: “Il Vangelo ci ricorda che la luce che cerchiamo è una Persona, il Signore Gesù”. E “seguendolo, vivendo nella sua amicizia, diveniamo sempre più simili a lui e con ciò capaci di Dio, di conoscere la verità, di riconoscerci fratelli, di entrare nella vita”.

La luce ragionevole della fede

“Questa sera – ha aggiunto – diciamo grazie per chi diffonde la luce ragionevole della fede, che educa a uscire da sé e ad affidarsi allo Spirito di Dio. Grazie per i genitori, i catechisti, gli educatori, gli insegnanti, i diaconi e i presbiteri. Grazie per la luce diffusa da quanti sanno stare un passo indietro per far spazio agli altri e contribuiscono a rispondere al bisogno che tutti ci portiamo dentro, che è bisogno di sentirsi accolti, stimati, amati. Grazie per la luce alimentata dai volontari e dagli operatori della Caritas, come da chi in ospedale, all’hospice e nelle case di riposo lavora nei servizi di cura; da chi, con presenza discreta, accompagna chi vive l’esperienza della malattia o del lutto”. 

Luce a servizio delle istituzioni e della Chiesa

Di luce “sono portatori i rappresentanti delle Istituzioni, uomini e donne che, nei diversi ambiti del vivere civile e sociale, sono a servizio della nostra città e del territorio. A ciascuno di loro va la nostra riconoscenza per il contributo che assicurano a una serena convivenza, per le energie che – con competenza e sacrificio – dedicano a favore del bene comune, che non è tanto o solo la somma del bene dei singoli, ma è il bene di tutti”. Infine, “un grazie ai sacerdoti di questa unità pastorale”, a don Luca Delunghi in particolare, per l’iniziativa che, da martedì 30 gennaio, offrirà dal lunedì al venerdì la possibilità a studenti e lavoratori di raccogliersi in questa chiesa alle 7.20 per la celebrazione eucaristica. “Anche in questo modo la memoria di San Costanzo arriva a parlare al nostro tempo; anche in questo modo la luce della fede continua a illuminare la nostra città”, ha concluso mons. Maffeis.

Un dipinto per i dieci anni del Villaggio Caritas

In occasione dei primi dieci anni di attività del “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” di Perugia, inaugurato il 29 gennaio 2014, giorno della festa del santo patrono Costanzo, è stato benedetto e presentato il dipinto “Tabgha – Moltiplicazione dei pani e dei pesci” dell’artista Riccardo Secchi. Presenti, oltre l’autore, l’arcivescovo Ivan Maffeis, il direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, e il presidente della Fondazione di Carità “San Lorenzo”, organismo operativo della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve che gestisce il “Villaggio”. Sede anche della Caritas diocesana, nel “Villaggio” si trovano il Centro di ascolto diocesano, l’Emporio della solidarietà “Tabgha”, gli appartamenti che ospitano attualmente 24 famiglie in gravi difficoltà, la “Farmacia solidale”, il “Consultorio medico” e la mensa “Don Gualtiero” dove è stato posizionato sulla parete di fronte all’ingresso questo dipinto dalle grandi dimensioni (380×138 cm, tempera acrilica su tavola di betulla), che richiama l’opera quotidiana nella preparazione e distribuzione di oltre 100 pasti caldi (dal lunedì al sabato), oltre a quella di accoglienza e di ascolto degli ospiti svolta da diversi volontari. 

Gesù e la donazione di tutto se stesso

“Grazie a chi ha realizzato l’opera e all’interpretazione che ha dato all’opera stessa – ha detto mons. Maffeis –, perché questo curvarsi di Gesù è forzato in maniera esagerata come lo è la carità, che è un dono, una gratuità. Giustamente il nostro autore ci aiuta a leggere l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci come un esempio chiaro del cammino che Gesù ha fatto di donazione di sé stesso, di ‘svotamento’ come ci dice san Paolo. In questo dipinto credo che ci sia non solo un richiamo diretto al Vangelo, ma ci sia anche una fotografia di quello che qui dentro si vive”. Secchi ha spiegato che la sua intenzione “è stata quella di lasciare un elemento di bellezza all’interno di questa mensa che sia esplicativo della bellezza che tutti i giorni si vive qui dentro, l’esperienza della carità”. 

Un luogo di incontro e di accoglienza

Per don Briziarelli, “oggi per noi è una giornata speciale nel festeggiare i dieci anni di attività del Villaggio della Carità. È un luogo che è diventato d’incontro, punto di riferimento per la carità della nostra città, un luogo che ha accolto centinaia di famiglie in questi primi dieci anni, restituendo loro un cammino bello, un cammino che le ha riportate all’autonomia, alla dignità, perché questo siamo chiamati a vivere come operatori della carità”. All’Emporio “Tabgha” quasi 800 famiglie vengono a fare la “spesa”, il Centro di ascolto diocesano ha superato i 12mila ascolti, la “Farmacia solidale” oltre 1.000 accessi e la mensa accoglie più di 100 poveri.

La galleria fotografica

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