La Chiesa profuga tra i profughi

Il racconto del Vescovo e dei sacerdoti del luogo, l'impegno della Caritas italiana

‘Appena possibile spero di venire a trovarvi’, ha detto mercoledì 8 aprile Benedetto XVI agli sfollati dell’Abruzzo. La Chiesa si è trovata fin da subito in prima linea nelle aree del terremoto; soccorritrice, sì, ma anzitutto ferita dalla stessa tragedia che ha colpito la popolazione. ‘Ho benedetto le salme e incontrato i parenti delle vittime – racconta mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo de L’Aquila. – Li conosco quasi tutti, è uno strazio enorme. Cerco di offrire tutta la solidarietà possibile, perché anch’io in questo momento mi sento limitato e povero come gli altri’. Dorme anche lui in tenda, così come un gruppo di sacerdoti e le suore del vescovado. ‘Ho sentito dire in una trasmissione televisiva – puntualizza il Vescovo – che ‘quelli del Sud sono più abituati a sopportare’. Non è questo. È una questione di dignità e consapevolezza: di fronte a catastrofi così immani non vale la pena cercare solo le responsabilità degli altri. Queste situazioni ci sovrastano in un modo così enorme che è inutile prendersela con qualcuno. Forse, solo con chi ha costruito queste strutture…’. All’Aquila sono state annullate tutte le celebrazioni della Settimana santa, tranne quelle della domenica di Pasqua che verranno celebrate all’aperto tra gli sfollati. ‘I sacerdoti passano la maggior parte del tempo negli obitori con i familiari delle vittime – dice il portavoce della diocesi, don Claudio Tracanna -. Quasi tutte le parrocchie hanno subìto danni e sono inagibili, per cui penso che staremo in questa situazione per molti altri giorni ancora. Qui all’Aquila sembra un deserto. Chi ha potuto, si è fatto ospitare da parenti e amici. Moltissimi sono andati negli alberghi messi a disposizione sulla Riviera adriatica. Noi rimarremo a dormire in tenda e in macchina. Ci telefonano tanti viceparroci per aiutarci, tutta questa solidarietà ci fa piacere e ci sostiene. Ma auspichiamo che tutti gli aiuti passino attraverso il coordinamento della Caritas’. ‘Una devastazione mai vista prima – racconta mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana -. C’è una clima generale di rassegnazione, mai azioni o parole fuori posto. Si teme che, a causa delle scosse di assestamento che ancora continuano, i tempi per il rientro nelle abitazioni saranno molto lunghi, come è avvenuto in Umbria’. I rappresentanti delle Caritas hanno deciso di suddividere il territorio colpito dal sisma in 6 o 7 aree d’azione. ‘La nostra presenza si andrà via via ingrossando – continua mons. Nozza – per sostenere la Caritas diocesana e creare un punto di riferimento unitario’. Anche perché, precisa, ‘noi raccogliamo qualsiasi disponibilità ma gli aiuti vanno classificati ed organizzati con criterio. Se c’è bisogno di coperte, non si possono mandare fagioli. Bisogna evitare che arrivi di tutto e di più’. Ai tanti volontari che offrono disponibilità ad andare sul posto, il direttore della Caritas italiana chiede di ‘aspettare ancora e rivolgersi alle proprie delegazioni regionali o diocesane Caritas, in modo da creare una presenza sul territorio abruzzese, ad esempio attraverso gruppi giovanili o campi estivi, che sia seria e continuativa’. Caritas italiana fin dall’inizio ha messo a disposizione 100.000 euro per i primi aiuti. Mons. Nozza tornerà nelle zone terremotate la domenica di Pasqua, e celebrerà la messa nel campo di calcio di Paganica, proprio il paesino affidato al contingente umbro.