La crisi e una prima risposta

L'editoriale

Mentre nei salotti televisivi si scontrano politici ed economisti sulla valutazione della crisi, questa avanza. Gli esperti sono divisi tra pessimisti e ottimisti. Agli uni e agli altri si deve ricordare che non serve in nessun caso chiudere gli occhi di fronte alla realtà, ma neppure esasperare i toni e diffondere allarme sociale. La comunicazione sociale in questo terreno è decisiva perché può suscitare panico o lasciare che la gente si illuda. Trovare i linguaggi e i toni della giusta misura non è facile. Si deve anche evitare che qualcuno sfrutti la crisi per aumentare i consensi. L’illusione comporta l’inefficienza, la disperazione di un popolo o di una parte considerevole di esso può causare disordini irrefrenabili all’interno e tra i popoli. La storia mostra guerre, ammantate di bandiere, di patriottismo e di valori ideali, mentre avevano forti motivazioni di natura economica. Questa crisi segna la prima volta della storia in cui l’umanità prende coscienza, concretamente e dolorosamente, di essere una realtà unica e complessa e sperimenta in concreto l’interdipendenza dei popoli, di cui ha parlato, cinquanta anni fa il Concilio. La crisi avanza in ogni direzione, colpendo popoli e modelli di sviluppo, sia dei Paesi ricchi che poveri. La Cina paventa 20 milioni di disoccupati, gli Stati uniti 4 milioni e mezzo, l’Europa per il 2010 una cifra di circa sei milioni di disoccupati in più. In Italia, dove la disoccupazione era diminuita negli anni scorsi per nuove tipologie di lavori, a tempo determinato, stagionali, a contratto, a progetto e altro, torna ad aumentare. Nei mesi di gennaio – febbraio di quest’anno l’aumento sarebbe stato di 370.500 unità. Anche vicino a noi, nella nostra regione, leggiamo ogni giorno storie di fabbriche che chiudono, di alberghi vuoti per mancanza di turisti e di preoccupazioni per aziende che sono al collasso per scarsa richiesta di prodotti. In momenti come questi ognuno deve fare la sua parte. Anche le otto Chiese unite dell’Umbria, come è scritto nel nostro inserto, in perfetta sintonia con moltissimi vescovi diocesani e con il papa Benedetto XVI, cercano di fare qualcosa di concreto. Mi è d’obbligo aggiungere che il pensare ai poveri, alle necessità materiali oltre che a quelle spirituali, è un compito che da sempre ha caratterizzato la Chiesa, fin dall’istituzione dei sette Diaconi nella prima comunità cristiana di Gerusalemme. Questa fase della nostra storia è da considerare e vivere come una occasione per fare opere di giustizia e di carità e anche come grande richiamo a rivedere le regole dell’economia, della finanza e del mercato, che hanno assunto dimensioni tali che nessun singolo Stato può governare. La Chiesa, madre e maestra da molti decenni, sia pure inascoltata, su questi temi sta per dire un ulteriore parola. Siamo, infatti, in attesa dell’enciclica sociale di Benedetto XVI, annunciata come imminente, che aggiorna la consolidata dottrina sociale della Chiesa. Nel frattempo è da cogliere l’occasione per rivedere i modelli di comportamento individuale e familiare per una sobria conduzione della vita, evitando gli sprechi, esercitando moderazione nei consumi, il rispetto della natura, educando al lavoro e al risparmio i giovani, aumentando la cultura e la formazione scientifica e professionale, che sono il motore dello sviluppo in una società che sappia costruirsi con equilibrio e armonia. Intanto, nell’immediato, ci daremo da fare per sostenere la proposta dei Pastori delle Chiese umbre.

AUTORE: Elio Bromuri