La fatica della speranza

La situazione nelle tendopoli a L'Aquila, raccontata da tre giovani volontarie umbre

Il caldo la fa da padrone in questi giorni nelle tendopoli de L’Aquila, e le scosse non danno tregua. La gente non ce la fa più e ha quasi perso la speranza di tornare nelle proprie case. ‘Anche chi ha la casa agibile – racconta Elisabetta, da pochi giorni rientrata a Perugia da Pile ‘ stenta a rientrare: di giorno va a casa, la sera ritorna nelle tende. Non credono più nelle previsioni degli esperti: ad ogni nuova scossa, come la più recente poco superiore al 4′ ho assistito a vere e proprie crisi di pianto’. Durante la sua permanenza al campo Caritas della parrocchia di Sant’Antonio a Pile si occupava del servizio mensa nella tendopoli di Cansatessa, gestita dagli scout. ‘Per la preparazione dei pasti ogni mattina ci si spostava nel paesino di Cesare Preturo dove all’interno di un tir, gestito da una cooperativa, c’era la cucina. Poi ci si spostava a Cansatessa per la distribuzione’. È qui, nei racconti delle persone che la avvicinavano, nelle ore che passava con loro, che ha potuto toccare con mano i disagi che questa gente vive ancora quotidianamente. ‘A volte intrattenersi con loro è la cosa di cui hanno più bisogno’ spiega. C’è chi nelle tendopoli torna solo dopo il lavoro, ma c’è chi vi rimane tutto il giorno, vuoi perché pensionato, o perché il lavoro non ce l’ha più. ‘Per loro passare la giornata non è facile’ racconta. È come se vivessero in uno stato di totale passività. Di giovani durante il giorno ce ne sono pochi, i bambini più piccoli si riuniscono nella ludoteca: ‘A volte li abbiamo sorpresi a giocare con le coperte a costruire le case, mi ha confidato una mamma’. La convivenza forzata comincia ad essere un problema: ‘Lo spazio tra una tenda e l’altra è veramente poco, non c’è privacy. Ogni piccolo diverbio è causa di tensioni e disaccordi. Purtroppo c’è anche chi approfitta della situazione ‘ sottolinea con rammarico -; una minoranza certamente, per cui usufruisce del pasto pur potendoselo permettere da solo, o di qualche vestito in più. Così ‘ prosegue ‘ la Protezione civile è costretta a fare continui controlli’. Ma la maggior parte di loro è gente dignitosa, forte, che si porta in tasca o nella borsa una foto della casa, come se all’improvviso potessero perderla per sempre. Anche Eleonora, appena ventenne, ha risposto alla richiesta di aiuto della Caritas e i primi di giugno è partita da Foligno: destinazione campo di Pile. È alla sua prima esperienza: ma ‘ giura ‘ ‘ci ritornerò presto’. Per una decina di giorni ha fatto servizio mensa e tutto quello che c’era da fare, racconta; ‘anche la pulizia dei bagni’. ‘Ti spacchi la schiena ‘ confessa – ma alla fine è più quello che ricevi che quello che dai. La gente è contenta di noi’. C’è chi invece, come Marta, eugubina, è già alla sua seconda esperienza. A fine giugno è tornata di nuovo a L’Aquila. Era ‘addetta al giro’: ogni mattina – ricorda – in coppia, si partiva in macchina e si andava a trovare chi non viveva nelle tendopoli ma aveva deciso di rimanere nelle vicinanze della propria abitazione perché malato, anziano, o con esigenze particolari. ‘Controllavamo di persona che tutto andasse bene ‘ racconta – o se avessero bisogno di qualcosa. A volte scambiavamo con loro quattro chiacchiere, per fargli un po’ di compagnia. C’era chi non poteva spostarsi perché aveva una madre anziana, a cui è capitato di portare le medicine. Chi addirittura ci ha chiesto di aiutarlo a trasportare nei pressi della sua casa del materiale di legno per costruire una casa per sé e la moglie malata: vivere in tende coperte di lamiera stava diventando difficile per loro. In poco tempo l’ha tirata su e qualcuno di noi l’ha aiutato anche a verniciarla’. Ad agosto Marta tornerà: ha già stabilito la data.

AUTORE: Manuela Acito