Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”, questa è una delle verità espresse nel lungo discorso che Pietro tiene nel giorno di Pentecoste, discorso che ci sta accompagnando in queste domeniche di Pasqua, e che spinge gli interlocutori a chiedere: “Che cosa dobbiamo fare?”. E la risposta di Pietro non si fa attendere: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo”.
Il messaggio pasquale che invita ad amministrare il battesimo continua fino ad oggi ad essere annunciato con forza dal successore di Pietro perché i suoi effetti sono salvifici (Mc 16,15-16) – è il più bel dono che i genitori possano fare ai figli – in quanto “il battesimo è la ‘porta’ della fede e della vita cristiana” (13.11.2013). E proprio di ‘porta’ si parla nel Vangelo di questa quarta domenica del tempo di Pasqua.
La ‘porta’ è Gesù e lui stesso lo afferma. Il brano in questione si trova nel contesto di tre capitoli (9-11) che presentano gradualmente Gesù come ‘luce’, ‘porta’, ‘bel pastore’, ‘messia’ e ‘vita’. Gesù ha appena concluso di confutare con i farisei in merito al tema della luce e provoca i suoi uditori con l’immagine della porta dell’ovile e chi passa attraverso essa è il pastore delle pecore altrimenti chi entra scavalcando il muro è un ladro. Si pensi agli ovili, ovvero aree quadrangolari delimitate da muri di pietra che potevano anche essere sovrastati da rovi. Per indicare colui che entra nell’ovile di nascosto è usato un sostantivo greco (lestes) che in italiano è reso con ‘ladro’, ma il termine viene tradotto anche con ‘bandito’, ‘brigante’, infatti è lo stesso citato per delineare ‘l’attività’ di Barabba (Lc 23,19).
A questo punto sono descritte le azioni: il guardiano apre al pastore, le pecore ascoltano la voce del pastore e il pastore chiama le pecore per nome. I pastori esprimono con vezzeggiativi le loro premure per le pecore preferite o più bisognose di attenzione. Questo indica l’attenzione ‘personale’, la cura che il pastore ha di ognuna. Poi la narrazione della similitudine continua evidenziando l’azione dell’uscir fuori con la stessa terminologia con cui il profeta Ezechiele prevedeva il ritorno degli israeliti condotti dal ‘pastore’: “Le farò uscire di tra i popoli, le radunerò dai vari paesi, le condurrò alla loro terra, le farò pascolare sui monti d’Israele” (Ez 34,13).
Qui Gesù rafforza il messaggio aggiungendo a ‘uscir fuori’ l’altra espressione ‘spingere fuori’ le pecore che così seguono il pastore che si mette alla guida e ne ascoltano la voce. Gesù sta quindi proponendo un percorso inverso a quello che il popolo ebraico ha fatto in passato.
Ora i credenti sono chiamati ad ‘uscir fuori’ dall’antica alleanza per entrare nella nuova che sta per essere inaugurata dal Sangue di Cristo. Ecco che pertanto Gesù si addita come ‘porta’. Perché? Perché il pastore dorme sulla porta dell’ovile ed è pastore e porta allo stesso tempo. Il salmista lo aveva già anticipato: “Questa è la porta del Signore” (Sal 118,20). S. Ignazio diceva a proposito: “Egli è la porta del Padre, attraverso la quale entrano Abramo e Isacco e Giacobbe e i profeti e gli apostoli e la chiesa” e nel Pastore di Erma leggiamo: “La porta al regno di Dio è il figlio di Dio. Nessuno può entrare se non attraverso il Figlio”.
Poi Gesù, forse per proteggere la novità del suo insegnamento, critica quelli che sono venuti prima di lui e questo discorso non viene compreso da quanti lo stanno ascoltando, ma non per insufficienza intellettiva, quanto per la indisponibilità ad aprire il cuore al ‘nuovo’ annuncio. Qualche versetto dopo (22), si parla della festa della Dedicazione perciò il tutto potrebbe richiamare alla mente quei sommi sacerdoti che, al tempo dei Maccabei, erano dei veri e propri banditi, corrotti e disonesti che con il loro comportamento avevano depredato, distrutto e danneggiato le sacre tradizioni. Allora si rivolge a quanti lo stanno ascoltando perché non si comportino come i disonesti che si introducono tra i credenti non per interesse, ma per ‘rubare’, ‘uccidere’ e ‘distruggere’.
E il messaggio si spinge oltre. È scritto che ‘le pecore conoscono la voce del pastore’, ebbene i credenti riconoscono il linguaggio del loro pastore che è linguaggio da innamorati che si concretizza nel dono della vita sulla croce. Con il suo sacrificio Gesù ha ‘chiuso’ con la sua carne il recinto dell’umanità rinnovata dalla sua azione redentiva.
L’icona, molto cara al mondo ortodosso, di Gesù sulla porta del sepolcro sigilla l’invito che Gesù continua a rivolgerci: di lasciare il mondo tetro dell’egoismo ed entrare attraverso lui nella pienezza della vita che, già qui ora, nella vita di comunità, come afferma il Salmista è caratterizzata da “pascoli erbosi e acque tranquille”. Lasciamoci anche interpellare da un’altra immagine che la sapiente mano dell’artista Greg Olsen ha realizzato, relativa a Gesù e alla porta: è quella del nostro cuore a cui Gesù bussa. Si può non aprire a questo bell’Ospite?