La presenza benedettina nell’Alta Valle del Tevere

Un proliferare di antiche mura che ci raccontano la storia di un'arte e di una comunità antica

L’intera Alta Valle del Tevere è ricca di luoghi legati al monachesimo benedettino, sia maschile che femminile. La maggior parte di questi monasteri nacque nel Medio Evo, epoca in cui la valle era quasi completamente compresa nella diocesi di Città di Castello. Un territorio, quello della medioevale diocesi castellana, assai esteso e fortemente caratterizzato dalla presenza monastica. Il maggior insediamento era quello di Sansepolcro documentato a partire dal 1012. Attorno a questa abbazia (riformata camaldolese tra il 1137 e il 1187) si venne a creare un borgo che dalla dedicazione della chiesa trasse il nome e al quale nel 1520 venne riconosciuto lo status di città. Ancora nella parte settentrionale dell’antica diocesi erano presenti i più piccoli ma non meno vivaci monasteri di Badia Tedalda, fondato nel 1205 con la unificazione di due preesistenti abbazie e Dacciano (Caprese Michelangelo). Questa vasta area, a partire dal dodicesimo secolo conosce una forte penetrazione della riforma camaldolese alla quale passeranno le abbazie di Sansepolcro e Dacciano e la Pieve della Sovara. La diocesi di Città di Castello non ha conosciuto la presenza di congregazioni riformate d’oltralpe, mentre ha accolto le riforme di area centro Italia. Oltre i camaldolesi furono presenti i Vallombrosani (con priorato di Oselle e quello urbano di san Giacomo). Altre abbazie (ad esempio San Cassiano) dipesero dall’eremo di Fontavellana. Altri monasteri sembrano essere stati in diretti rapporti di dipendenza dal Vescovo quali San Bartolomeo di Succastelli, a Nord di Sansepolcro, San Giovanni di Marzano e Santa Maria di Petroia (i cui territori nel corso del ‘200 furono spartiti fra i comuni di Perugia, Città di Castello e Cortona). A questi monasteri si affiancarono le abbazie di Scalocchio e di Lamoli, nella massa Trabaria e i più piccoli monasteri di Giove, Vingone e Terenzalle. Dalla documentazione dell’epoca (secoli XIII e XIV) emerge una fitta serie di rapporti tra Vescovo e monasteri; numerosi sono i casi in cui il Vescovo chiede l’obbedienza dell’abate o del priore, si reca in visita ai monasteri o interviene a difesa della propria autorità. Non mancano infatti casi di abbazie che si sottraggono all’autorità vescovile; accanto al caso di Sansepolcro (diventata diocesi nel 1520) si segnala quello di Badia Tedalda, il cui abate rivendica l’esenzione dal Vescovo di Castello per tutta la seconda metà del ‘200. Generalmente i monasteri più grandi avevano comunità comprese fra i 10 e 15 membri. I maggiori insediamenti erano di tipo rurale e gestivano numerose terre date a coltivare con contratto di enfiteusi. I monasteri avevano biblioteche e in alcuni casi organizzavano fiere e mercati. A Città di Castello alcune parrocchie dipendevano dai monasteri: Santa Maria Maggiore dall’abbazia di Petroia, San Giovanni in campo dal monastero di Marzano, San Bartolomeo da quello di Succastelli e San Pietro alla Scatorbia da quello di Sansepolcro. Fra il secolo dodicesimo e tredicesimo si svilupparono diversi monasteri femminili: nel territorio sono presenti quelli di Monte Maggio e Santa Maria feriale nella villa d’Upt, mentre prossimi alle mura sono quelli di San Tommaso al Cavaglione e San Basilio, dipendente dall’abate di Sansepolcro. Anche con l’affermarsi dei nuovi ordini mendicanti nel corso del ‘200, i monasteri benedettini mantennero un certo prestigio come dimostrano i lasciti testamentari. Al movimento benedettino restano legate nuove esperienze religiose come quelle sviluppate a Città di Castello e Sansepolcro dalla beata Santuccia da Gubbio, a partire dagli anni ’70 del ‘200 in espansione fino alla metà del secolo successivo. Non sono mancate nella diocesi Castellana le figure di santi monaci benedettini. Fra questi va ricordato sant’Albertino da Montone, priore di Fontavellana, morto nel 1294. Da questa rapida carrellata emerge quanto, fra l’XI e il XIII secolo sia stata grande l’influenza della cultura monastica nella religiosità e più in generale nel costume della gente altotiberina.

AUTORE: Andrea Czortekc