L’albero di Natale in fiamme

Editoriale

Nella piazza principale di Atene un albero di Natale in fiamme. Con l’albero hanno bruciato auto, e tutto quello che hanno potuto. Hanno anche sfondato vetrine e devastato anche piccoli negozi. Chiusa in casa gente che non ha nulla a che vedere con la politica. E’ quanto abbiamo visto in tv e saputo da amici che abitano e si trovano in Atene in questi giorni. Attorno all’albero in fiamme, come in una surreale saga , giovani in grande agitazione, in rivolta contro poliziotti impotenti. Questi hanno avuto l’ordine di non reagire con durezza per non aumentare il livello della violenza. Già un giovane è stato ucciso dalla polizia in occasione di una manifestazione, Alexandros Andreas Grigoriopoulos, divenuto mito ed eroe, sepolto tra molte accorate preghiere, lontano dai tumulti che continuano. Alcuni giovani dimostranti hanno cercato di distinguersi dai violenti disposti a fare guerriglia urbana e dagli anarchici. Ma è difficile stendere linee di confine e fare distinzioni nette quando si è nella stessa piazza. Una cosa abbastanza certa è che si tratta di giovani, soprattutto universitari. E’ spontaneo che vengano in mente collegamenti con altri incendi, quali quelli delle periferie di Parigi di tre anni fa ed altre manifestazioni giovanili fino a quelle dei nostri giorni in citta italiane ed europee. È giusto che si ponga ogni volta domanda che cosa vogliano i giovani. Quanti genitori se la pongono! Ma ogni volta ci si scontra in atroci difficoltà nel tentare una risposta. E’ parte integrante del vivere quotidiano adulto e maturo continuare a porse la domanda ascoltando ciò che i giovani dicono o esprimono alla loro maniera, che può anche essere imprevista e strana e persino tragica. Quando un figlio di buona famiglia di 28 anni, con un lavoro sicuro, viene trovato dai genitori in casa con un cappio al collo, che si può dire?. Si scopre che vi sono forme di depressione in adolescenti e giovani, denunciate in occasione della Giornata delle malattie mentali. Può, forse, dare un certo sollievo e indicare una prospettiva di cura. A saperlo in tempo. E quando quattro ragazzi di buona famiglia, perbene, danno fuoco ad un uomo che vive in una panchina all’aperto, un innocuo povero barbone? Si vorrebbe capire. Al telefono uno dice all’altro, sentite: ‘Dovevi vederlo il barbone dentro al fuoco. Le fiamme che si alzavano. E quello lì che fa uno scatto e poi casca diritto. Avessi visto come si dimenava, urlava, quante fiamme. Gli abbiamo dato una buona scaldata… Hai visto? Ne parlano tutti, che roba’. Hanno detto che era uno scherzo. Spesso dopo fatti gravi la spiegazione dei ragazzi: è stata solo una c… Ci sono poi i giovani vittime di infortuni sul lavoro, (il 37% degli infortuni è di lavoratori al di sotto dei 35 anni) ed ancora le tante giovani vite bruciate sull’asfalto. Storie che amareggiano, coinvolgono la mente alla ricerca di una luce. Non ci sono spiegazioni generali e sommarie. Non tutti facinorosi, non tutti depressi, non tutti depravati o violenti, non condannati a lavori pericolosi. Il silenzio sembra la parola più saggia che non impedisce a nessuno di correre ad estinguere il fuoco che brucia l’albero e, anzi, di piantarne altri in ogni piazza, in ogni angolo della città. L’albero in fiamme di questo Natale è un sinistro simbolo di una gioventù che ha bisogno di poter sperare.

AUTORE: Elio Bromuri