L’anniversario trascorso nel silenzio del ritiro spirituale predicato da un parroco

Don Elio Bromuri consegna a Papa Francesco lo speciale de La Voce uscito in occasione della visita ad Assisi lo scorso 4 ottobre
Don Elio Bromuri consegna a Papa Francesco lo speciale de La Voce uscito in occasione della visita ad Assisi lo scorso 4 ottobre

Un anno trascorso velocemente dalla prima apparizione alla loggia della basilica di San Pietro, il 13 marzo 2013, dove come primo atto scelse di inchinarsi di fronte al popolo.

È bastato questo per dare il via ad una serie di shock che hanno colpito l’opinione mondiale a tutti i livelli e con molteplici diversificate reazioni, da quelle entusiaste della gente semplice a quelle critiche dei soloni tradizionalisti, cultori del ruolo e della istituzione, preoccupati della perdita di autorità e di una caduta nel relativismo, di abbassamento del livello di sacralità e dignità della persona del sommo pontefice. Si è parlato di conversione pastorale, di rivoluzione, di evento storico.

Intanto il Papa, con la sua valigetta, è partito in pullman con i membri della Curia romana, tutti insieme, un’ottantina di persone, ad Ariccia, a fare una settimana di ritiro spirituale fino al 14, a festa di anniversario finita. I giornali di tutto il mondo sono pieni di lui con foto, articoli, commenti e lui sceglie il silenzio, aperto solo all’ascolto del parroco romano della parrocchia di San Marco evangelista in Campidoglio, mons. De Donatis, che ha avuto l’incarico di dettare le meditazioni. Ho letto che in una di queste il buon parroco si è portato dietro un melograno maturo, l’ha messo sul tavolo e vi ha imbastito la riflessione: tanti piccoli grani, assestati bene in modo geometrico, ognuno al suo posto, un frutto splendido, un capolavoro. Ma, ha ammonito il predicatore, se uno o l’altro o tutti i grani volessero uno spazio maggiore e volessero ingrandirsi e allargarsi e prendere il posto degli altri, il frutto bello e gustoso diventerebbe un oggetto caotico e perderebbe la sua bellezza e armonia, e soprattutto non starebbe più nel guscio, esploderebbe. Così è dell’umanità creata da Dio e animata dal soffio del suo Spirito, che l’uomo rischia di rovinare con la sua sete di autoaffermazione a danno degli altri.

L’insegnamento è chiaro e le conclusioni per la vita cristiana sono facili da trarre. Il Papa è là tra i banchi della chiesa ad ascoltare e a meditare, come ogni vescovo, prete e semplice cristiano. La sua forza e novità sta proprio in questa ricerca anche di segni esteriori e di atteggiamenti che trasmettano il messaggio del Vangelo che parla di servizio e non di potere di umiltà e non di ostentazione, di povertà e non di ricchezza. Tornando in sede avrà di nuovo attorno le folle, affronterà i temi della chiesa e della società, andrà in Terra santa, in Corea, ma lo spirito che lo guida è quello maturato nel silenzio di Ariccia e in quello quotidiano di Santa Marta.

Una delle cose che in quest’anno ci ha segnati in modo speciale come umbri e come settimanale è stato il pellegrinaggio ad Assisi del 4 ottobre scorso. La Voce è piena, ogni numero che esce, di Francesco ed abbiamo avuto modo anche di consegnare in mano al Papa i due numeri con il resoconto del suo pellegrinaggio tra noi. Da quell’incontro personale e da quel gesto di consegna del settimanale in poi ci sentiamo ancor più legati alla sua persona. A lui va il nostro augurio di buon compleanno: Ad multos annos.

AUTORE: E. B.