Le Ceneri, vero ‘san Valentino’

Quest’anno il Mercoledì delle ceneri è capitato quando, in altri momenti, avrebbe dovuto esserci la ricorrenza di san Valentino. Ricorrenza laicissima, perché san Valentino – tranne che a Terni – nella sua versione attuale nasce come espediente commerciale in un periodo equidistante dalle celebrazioni più importanti, e nondimeno è apprezzata dalle coppiette di tutto il mondo per la retorica romantica che vi sottende, che si dice risalga addirittura all’amor cortese rinascimentale. In ogni caso, quest’anno non se ne fa nulla: ceneri sul capo al posto di cioccolatini, digiuno al posto di cenette, penitenza e confessione dei peccati al posto di frasi melense e proclami lirici.

Tutto questo è molto eloquente, vista la condizione attuale del mondo, nel quale non si rischia, ma è già in atto, l’incipit di una guerra mondiale “a pezzi”, come la definì Papa Francesco qualche tempo fa. Le ceneri che ci si palesano davanti non sono infatti solo quelle benedette della liturgia, ma quelle tremende dell’intera società umana.

Due fidanzati, ovvero due persone che hanno in animo di costruire insieme qualcosa di bello, è proprio dal Mercoledì delle ceneri che dovrebbero partire. Perché dovranno capire che l’atteggiamento da avere l’uno verso l’altro, se vorranno imparare ad amarsi, è quello della cura, dove il baricentro si sposta da me verso l’altro, ma per imparare ad avere cura devo mettere a digiuno il mio ego, che vorrebbe sempre mangiarsi l’altro per riempire i propri vuoti; devo coltivare la compassione per le altrui fragilità, e devo chiedere a Dio la forza di trascendere me stesso in un atto di vero e libero amore.

Realtà misteriosa che dimora in una galassia tanto lontana dal pianeta sentimentalismo, e che ha a che fare più con la natura divina che con i sentimenti umani. Digiuno, elemosina (cioè misericordia), preghiera: le “armi” della penitenza quaresimale si rivelano essere i requisiti fondamentali per imparare ad amare, e per scoprire che, alla fine, riuscire a impararlo davvero, nonostante tutti i nostri sforzi pure necessari, sarà una grazia, cioè un dono di Dio. Come una resurrezione. “In ogni tempo e condizione di vita è indispensabile la grazia di Dio; ne avvertono più che mai il bisogno i fedeli che si preparano a formare una nuova famiglia” recita il rito di benedizione dei fidanzati riportata dal Benedizionale.

La Quaresima serve per ricordarci questa necessità della grazia, permettendoci di esplorare per 40 giorni le ferite della nostra natura e le insidie tese dalla tentazione, e questo potrà portarci, se lo vorremo (quante Quaresime abbiamo sprecato finora?) a uno sguardo realista su noi e sugli altri, uno sguardo che può generare in noi sincera compassione, embrione dell’amore.

Questo nel piccolo della coppia come nel grande della geopolitica: mi piace sognare una realtà in cui i Capi di Stato sappiano tornare ognuno alla propria interiorità, ed esaminando con l’aiuto di Dio sinceramente se stessi, si rendano conto di quante assurdità si rischia di fare quando le briglie si lasciano alle passioni disordinate, e di quanto sia importante fare penitenza, cioè mettersi in discussione e tendere la mano, così da estinguere tutti i fuochi della guerra e lasciare solo le ceneri di conflitti finiti, da cui l’umanità, come una fenice, possa rinascere nella pace.

Alessandro Di Medio

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