Le claustrali sono donne che scelgono liberamente la vita contemplativa

Una vocazione religiosa incompresa e contrastata

Un padre che non si rassegnaLeonello Leone è andato in televisione al Maurizio Costanzo Show, ed ha rilasciato un’ ampia intervista a La Nazione per protestare contro la supposta segregazione e il plagio a cui sarebbe stata sottoposta sua figlia nel Convento delle Cappuccine di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello. Non si rassegna alla decisione presa dalla giovane ventunenne Ilaria quattro anni fa e per questo ha scritto anche al Papa. Nei giorni scorsi si è recato da Pescara, la sua città di residenza, a Città di Castello ed ha parlato con un sacerdote. Ma la sua posizione è così ferma e sicura che niente riesce a scalfire, anzi sembra disposto a fare una crociata contro i monasteri di clausura. La Nazione è molto comprensiva nei suoi confronti e si abbandona nella descrizione di dettagli della vita di queste claustrali, che letti all’esterno sembrano allucinanti. E tuttavia il padre stesso racconta che nel settembre scorso sua figlia è stata cinque mesi a casa e faceva una vita completamente tranquilla e normale, salvo che alla fine di quel periodo ha voluto decisamente tornare in monastero, dal quale, tra l’altro come si può entrare così si può uscire, come è accaduto anche recentemente a due novizie e a una professa che ha avuto la dispensa dai voti pronunciati ed è uscita dal monastero, pur rimanendo in ottime relazioni con la comunità religiosa. Insomma, è comprensibile la preoccupazione di un padre per la dura vita cui una figlia si sottopone, una preoccupazione che diventa tanto più viva e persino ossessiva quando non sono compresi e condivisi i motivi che hanno spinto la figlia a quella scelta. Ma tutto il discorso di Leonello Leone e dei suoi sostenitori cozza con quella forte decisione, frutto di libertà e di maturità, che una giovane donna intende esercitare contro il padre e contro la mentalità secolarizzata di gran parte del mondo contemporaneo per il quale la Croce è uno scandalo e una pazzia.Non è di oggi e non è una cosa nuova che un padre o una madre siano contrari ad una vocazione religiosa o sacerdotale di un figlio. Si potrebbe fare la storia del cristianesimo su questo filone di lotte interne alla famiglie a causa delle vocazioni ad una vita eremitica, monastica, religiosa o simili. Tutti sanno la storia dei rapporti tra san Francesco e Pietro di Bernardone. Francesco che giunse a spogliarsi per non avere più nulla a che fare con le pretese del padre padrone.Ed è tanto più accentuata la difficoltà da parte dei genitori quando la vocazione è per la clausura. Un brutto nome, peraltro, che sottolinea il limite cui ci si sottopone e, nella storia, evoca la prevaricazione di donne recluse o murate dall’esterno per motivi di interesse patrimoniale o altro (una rivisitazione dei termini e del linguaggio non sarebbe da escludere), mentre non viene valorizzato ciò che in positivo si svolge dietro quelle mura. La clausura infatti è un mezzo per il silenzio, il raccoglimento, la preghiera, la contemplazione e il sacrificio perenne della lode a Dio. La claustrali sono delle donne “contemplative” e se una giovane è innamorata di quella vita di donazione totale e radicale a Cristo, considerato alla stessa stregua di uno sposo con cui vuole condividere gioie e sofferenze per la salvezza del mondo, non c’è autorità umana che ha il diritto di impedirglielo. I figli non sono possesso dei padri, tanto più quando diventano maggiorenni ed anche per legge sono sottratti alla patria potestà. Nel caso in questione ci troviamo certamente in un tipo di vita religiosa tra le più severe ad imitazione della fondatrice di questa congregazione, santa Veronica Giuliani, morta nel 1727, seguace della spiritualità francescana cappuccina, che si definiva la “sposa crocifissa” ed aveva un particolare culto del Cristo sofferente. Una mistica che ha scritto 44 volumi in cui racconta le sue visioni, oggetto di meditazione e di studio da parte di teologi e studiosi della spiritualità cristiana. Sarà bene ricordare che non si entra in uno di questi conventi o monasteri senza un’ampio periodo di prova durante il quale si opera il discernimento sulla base del quale poi si prende la decisione di procedere o di recedere. Sono molte le persone che pur attratte inizialmente dalla vita religiosa scoprono di non essere chiamate o di non essere nella condizione di poter accedere ad un tipo di vita certamente insolito e duro. Spesso sono i superiori e le superiore di queste comunità a consigliare di uscire e nulla si fa che assomigli minimamente al tentativo di plagio della personalità, anche perché su ogni convento e monastero c’è un organismo di controllo del vescovo del luogo e della Santa Sede. La gente si dovrebbe piuttosto meravigliare che anche oggi, in tempi di comunicazione sociale e di secolarizzazione vi siano delle persone giovani e scaltre, che hanno fatto esperienze varie, hanno studiato ed hanno avuto buone occasioni matrimoniali, occupazionali e professionali che si dedicano ad una vita apparentemente di rinunce, ma che risponde al loro desiderio di toccare con mano la bontà di Dio, affascinate dalla sua bellezza e santità. Il fascino dell’Assoluto in un’avventura spirituale unica.

AUTORE: Elio Bromuri