Le differenze tra Italia e Inghilterra

Nei giorni scorsi abbiamo sentito molto parlare dei fatti di Gran Bretagna: un governo nuovo con una nuova prima ministra, e due giorni dopo un nuovo re. La nostra curiosità è attirata dalle consuetudini antiquate e pittoresche di quel mondo, a partire dalla stessa monarchia: titoli nobiliari, riti, cariche ereditarie. Diversi fra i membri del governo portano titoli mai cambiati da secoli, come il “cancelliere dello scacchiere” che di fatto è il ministro delle finanze.

In Italia, al contrario, ogni volta che si rinnova il governo (quindi spesso) si cambia il nome di qualche ministero, nella speranza che cambino anche le cose, o comunque che qualcuno lo creda. Come il ministero dell’Ambiente ribattezzato “della Transizione ecologica” e quello dei Trasporti ribattezzato “della Mobilità sostenibile”.

Etichette che non sono altro che pie intenzioni o, nel migliore dei casi, programmi politici; per realizzarli non servono i nomi, servirebbero progetti concreti, volontà politica e capacità tecnica.  Invece la Gran Bretagna conserva i vecchi nomi e i vecchi riti, ma nei fatti si modernizza davvero.

Diversi ministri del governo Truss, uomini e donne, sono figli di immigrati extraeuropei, come già quelli di Johnson; escono dalle migliori università e benché relativamente giovani hanno alle spalle brillanti carriere professionali. Chi li manda al governo è il partito conservatore, cioè la destra. La sinistra, da parte sua, ha eletto sindaco di Londra un pakistano musulmano.

Questo ci parla di una società attaccata alle sue tradizioni ma aperta all’innovazione e ormai multietnica e multireligiosa. Da noi ancora si discute della cittadinanza ai figli di immigrati che abbiano preso un titolo di studio in Italia; per ora si agevolano solo quelli che ci portano medaglie sportive e ci permettono di dire che l’Italia va forte. Mi pare che quanto a serietà gli inglesi ci battano.

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