L’ecumenismo dopo Sibiu

A Chianciano la 45a sessione del Segretariato attività ecumeniche

La tavola rotonda che si è svolta a Chianciano mercoledì 30 luglio sera ha visto la partecipazione dell’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Giuseppe Chiaretti insieme all’arcipresbitero ortodosso romeno di Milano Traian Valdman e alla pastora valdese Letizia Tomassone. Ai tre relatori è stato affidato il compito di tracciare un quadro su ‘l’ecumenismo in Italia dopo Sibiu’, cioè dopo la grande assemblea ecumenica europea, la terza in ordine di tempo, dopo quella di Basilea del 1989 e quella di Graz del 1997, svoltasi nel settembre 2007 nell’antica città della Romania, Sibiu. L’incontro, moderato da Mario Gnocchi, presidente nazionale del Sae, ha messo in luce ancora una volta le diverse sensibilità dei cristiani e il differente modo di approcciare la questione ecumenica. Mons. Chiaretti, che ha parlato per primo, ha cercato di definire i pregi e i limiti di Sibiu: ‘una grande assemblea di credenti’, ma con un enorme handicap: ‘l’ostinazione a riflettere sull’ecumenismo in un’ottica ancora troppo ecclesiocentrica e non cristocentrica, come dovrebbe essere’. Ci si attarda cioè ad anteporre le visioni particolari e tradizionali delle singole Chiese, senza cercare di compiere passi avanti significativi: parlare finalmente di Cristo, del kerigma cristiano: la nascita, la morte e la risurrezione del Signore, fonte di salvezza per tutti gli uomini. Visioni pastorali e tradizioni teologiche, oggi ammantate anche di ideologismo, impediscono quel disegno comune di unità tanto necessaria per una ‘nuova’, ‘significativa’ evangelizzazione. Alcuni vescovi, proprio a Sibiu, hanno denunciato, con non poco sgomento, che ormai in alcune zone d’Europa quelli che si dichiarano cristiani sono appena il 2%. Di fronte a quella che, citando alcuni sociologi, Chiaretti ha definito una ‘società liquida’, senza più valori e punti di riferimento, compito dei cristiani di qualsiasi denominazione dovrebbe essere quello di ri-annunciare il Vangelo, senza rimanere invischiati nelle pastoie politico-teologiche o addirittura solo ideologiche. A tal proposito l’Arcivescovo di Perugia ha citato l’appello dei giovani partecipanti all’assemblea di Sibiu: ‘le Chiese devono smettere di competere tra di loro, impegnandosi invece a vivere il Vangelo’. Ha poi concluso con un appello alla riscoperta dei valori proposti dal Vangelo, che producono nuovi ‘stili di vita’, primo fra tutti quello della ‘sobrietà’ sempre finalizzato alla ‘carità’ verso il prossimo e verso l’intera società: ‘salvaguardia del creato’. Letizia Tomassone ha definito l’assemblea di Sibiu un ‘evento provocatorio’ sia in positivo che in negativo. In essa per la prima volta gli evangelici italiani si sono presentati con una delegazione unitaria e hanno potuto condividere momenti di dialogo e di preghiera con altri fratelli nella fede. Sibiu però, agli occhi della Tomassone, si è rivelata un’assemblea troppo ‘verticistica’, con poco spazio per gli interventi e le riflessioni della ‘base’. Ne sono venute comunque indicazioni importanti per le singole Chiese: ‘l’impegno per la giustizia sociale, per la pace e la condanna di tutte le guerre, la salvaguardia del creato’. Lasciando poi il tema proposto per la serata, la pastora valdese ha lamentato gli ‘attacchi del Vaticano’ (cardinale Walter Kasper) contro i vescovi anglicani che stanno per decidere in modo definitivo l’ammissione delle donne all’ordine dell’episcopato. Altra lamentazione: in Italia, sul tema ecumenico, si conoscono, forse, i documenti del Concilio Vaticano II, ma si ignora tutto il ‘processo ecumenico’ che c’è stato dopo e che ha portato a risultati talvolta sorprendenti, come l’intesa sui ‘matrimoni misti cattolico-valdesi’. Si ignora così il lavoro tenace di tante persone e lo sforzo di riflessione e di adattamento delle Chiese. La pastora ha parlato poi dei ‘valori non negoziabili’, arrivando a dire che ormai sono anche ‘non più discutibili’, cioè di essi non si può neanche parlare. Non solo le teologie ma anche i ‘gruppi sociali’ sono portatori di valori, che sovente sfidano o contrastano quelli tradizionali. Il pericolo è far scaturire i valori dalla natura; ormai nella società ci sono molte opzioni etiche che vanno considerate. In un’ottica di fraterno riavvicinamento, almeno tra le confessioni evangeliche, la Tomassone ha giudicato molto positiva la cosiddetta ‘concordia di Leuenberg’: la possibilità per i fedeli delle diverse confessioni di partecipare alla ‘santa cena’ e di fare la comunione, superando diffidenze e condanne, retaggio dei secoli passati. La validità dell’intercomunione è stata respinta decisamente dall’ortodosso Valdeman Traian. Anzi, il religioso romeno ha ricordato che il Santo Sinodo di Bucarest ha vietato agli ortodossi romeni di accostarsi all’eucaristia celebrata dalle altre Chiese. Maldestramente ha poi definito ‘merende’, certe ‘sante cene’. Il che ha fatto arrabbiare qualcuno dei presenti. Traian ha toccato una questione di grande attualità: i flussi migratori dall’Europa dell’Est verso i paesi occidentali impongono una visione realistica e quotidiana dell’ecumenismo. I romeni in Italia sono circa un milione, quasi trentamila nella provincia di Perugia, per tutti loro c’è la necessità di un’assistenza pastorale. La Chiesa romena è grata alle diocesi italiane per aver messo a loro disposizione molti luoghi di culto, ma non gradisce gli inviti a partecipare ai riti cattolici: il grande timore è il proselitismo. La visione ‘ecclesiocentrica’, lamentata da mons. Chiaretti, è apparsa evidente per tutta la serata. Gli sforzi per superare i particolarismi sono tenui e la diffidenza tra le Chiese, purtroppo, non è affatto diminuita.

AUTORE: Amilcare Conti