Lo scandalo del vescovo anglicano gay non ferma il cammino verso l’unità

Ecumenismo

Nella dolorosa situazione nella quale si è venuta a trovare una parte della Chiesa anglicana, e precisamente la comunità episcopale americana del New Hampshire, con l’ordinazione episcopale del prete dichiaratamente e ostentatamente omosessuale Gene Robinson, non vi è cosa migliore, per non cadere nella tristezza propria di chi guarda la storia con occhi puramente umani, che ricordare fatti positivi recenti, particolarmente due: la partecipazione del primate anglicano all’apertura della Porta santa di san Paolo di Roma in occasione del Giubileo 2000 e la più recente visita di Rowan Williams, eletto nel luglio scorso ad arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d’Inghilterra a Giovanni Paolo II. Due gesti che rappresentano un segno di continuità in una consolidata vocazione della Comunione anglicana di sentirsi attratta da Roma. Ricordiamo quella visita in quest’occasione perché ribadisce, al più alto livello, la volontà di continuare il dialogo tra le due Chiese nonostante le conosciute difficoltà che si trascinano dalla storia passata, e quelle sopravvenute nei nostri tempi, quali il sacerdozio ministeriale conferito alla donne, l’ ordinazione di pastori omosessuali dichiarati, le questioni di bioetica. Il recente fatto si aggiunge come un macigno al cumulo di ostacoli frapposti nel cammino della piena unità cristiana, e provoca divisioni all’interno della stessa Comunione anglicana. E’ un vero scandalo, nel senso forte del termine, e l’arcivescovo Williams si trova a condurre un’azione di mediazione e d’ammonimento tesa a salvaguardare quel tanto d’unità possibile in un’istituzione nella quale i criteri di riferimento ecclesiastici sono molto labili. Basti pensare che il parere della maggioranza dei ‘primati’ delle Chiese anglicane, contraria all’ordinazione di Robinson non è stato seguito. Lo scandalo consiste, come per la altre questioni che dividono le Chiese, nel non tenere nel debito conto la principale nota di fedeltà e credibilità della Chiesa: l’unità (‘una santa cattolica e apostolica’). Già nella Chiesa apostolica si è affermato il criterio da seguire prima di prendere decisioni che coinvolgono la comunità. Quando si discussero problemi aperti dalla nuova situazione di passaggio dalle pratiche ebraiche alla novità evangelica, si confrontarono le opinioni, s’invocò lo Spirito santo e poi si diedero indicazioni per lettera a tutti i fedeli: ‘Abbiamo deciso lo Spirito santo e noi’ (Cf Atti 15). Non c’è altro modello per conservare e costruire l’unità dei fedeli: Ascoltare e accogliere ‘Ciò che lo Spirito dice alle Chiese’, essere assidui nella preghiera per invocare la concordia e la pace tra i discepoli come dono immeritato da custodire gelosamente sottoponendolo al discernimento del carisma apostolico. Tutto ciò è particolarmente necessario per tutte le Chiese sottoposte nel tempo presente all’irruzione di molteplici, complesse e contraddittorie proposte etiche (pseudo), religiose (pseudo), che provocano frammentazioni e dissensi anche all’interno di comunità tradizionalmente stabili e che hanno ripercussioni evidenti in ambito ecumenico. Rowan Williams lo sperimenta più di altri e n’è lucidamente consapevole. Nel discorso di saluto al Papa il 4 ottobre scorso disse che le difficoltà in rapporto con i cattolici ‘non sono di natura solo disciplinare, ma si estendono anche ad essenziali materie di fede e di morale’. Oggi queste difficoltà lacerano la stessa Comunione anglicana. Alla luce di ciò, ha detto l’arcivescovo, ‘dobbiamo riaffermare il nostro obbligo di ascoltare attentamente e onestamente la voce di Cristo, come ci giunge attraverso il Vangelo e la tradizione apostolica della Chiesa’. Parole semplici e chiare che riaffermano l’impegno pastorale ed ecumenico nella sua originaria fonte e la sua ispirazione fondante. Parole che invitano alla speranza.

AUTORE: Elio Bromuri