Lo stato di disagio dei carcerati può indurre a compiere atti inconsulti

I detenuti protestano per le condizioni di vita e il sovraffollamento

Le carceri umbre sono sempre più affollate e tra i detenuti crescono gli episodi di protesta. Una tendenza che si ricava dall’analisi della relazione sull’ultimo semestre del 2001, redatta dal Provveditorato regionale per l’Umbria del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. A dicembre del 1999 la popolazione carceraria negli istituti di pena umbri era di 884 unità, salite a 990 a fine 2000. Al 31 dicembre dello scorso anno, i detenuti nelle quattro case circondariali e di reclusione della regione erano saliti a quota 1074, dopo aver toccato la punta massima di 1115 unità alla fine del mese di novembre. Un aumento che riflette il quadro nazionale, ma che – non per questo – dev’essere considerato meno problematico. La crescita delle presenze negli istituti penitenziari è stata via via progressiva, soprattutto nelle sezioni destinate ai detenuti comuni che ormai sopportano un peso superiore non solo alla capienza “ottimale”, ma anche a quella “tollerabile”. Un aumento della popolazione ristretta che ha procurato le conseguenze negative tipiche del sovraffollamento carcerario, sia sulle condizioni di vivibilità delle strutture per i detenuti stessi, sia sul carico di lavoro per il personale dell’amministrazione penitenziaria. Basta scorrere qualche pagina del rapporto semestrale del provveditore Paolo Quattrone per verificare un peggioramento del clima generale degli istituti di pena. Nel secondo semestre del 2001 sono aumentati gli scioperi della fame, i tentativi di suicidio e i ferimenti, mentre i gesti di autolesionismo sono lievemente diminuiti anche se nelle statistiche degli eventi critici continuano a rappresentare la prima voce. Di sicuro, si tratta di segnali chiari del grave disagio collegato alla vita detentiva e di conseguenza alla gestione sempre più difficile delle dinamiche e delle tensioni fra detenuti, da parte del personale delle case di pena. Il paradosso è che – quanto a sovraffollamento – i detenuti che stanno meglio sono quelli ad alto indice di pericolosità, per lo più appartenenti alla criminalità organizzata siciliana, calabrese, pugliese e campana. Nella casa di reclusione di Spoleto quelli con regime di “41 bis” sono oltre un centinaio (il 62 per cento dell’intera popolazione nella struttura di Via Maiano), a fronte di una capienza “tollerabile” nella sezione ad alta sicurezza di oltre 250 unità. Nella struttura circondariale di Terni, invece, sono 22 i detenuti pericolosi e 25 i posti disponibili nella sezione. Proprio per migliorare la funzionalità e la vivibilità dei penitenziari umbri, il Provveditorato regionale aveva presentato un piano di interventi di edilizia per il triennio 2002-2004. Per gli istituti di Terni, Spoleto e Orvieto la richiesta era di circa 26 miliardi di lire, ma il ministero della Giustizia ha tagliato parte dei fondi destinati a quest’anno. A Perugia si sta ultimando la costruzione del nuovo complesso penitenziario di Capanne. Quest’ultimo – che ha raggiunto il costo di quasi 170 miliardi – doveva essere terminato entro il dicembre scorso, ma un ricorso al Tar ha bloccato in parte i lavori.

AUTORE: Daniele Morini