L’Umbria di Salvador Dalí

ARTE. Un aspetto insolito del surrealista spagnolo
La “Afrodite di Cnido” di Dalí
La “Afrodite di Cnido” di Dalí

Questo articolo nasce da una scommessa. Data la passione, anzi la monomania del sottoscritto per l’arte di Salvador Dalí, mi è stato consentito di affrontare l’argomento sulle pagine de La Voce “a patto di” trovare qualche legame del grande pittore surrealista spagnolo con l’Umbria. Più facile a dirsi che a farsi, ma alla fine si è riusciti a spuntarla per il rotto della cuffia.

In teoria l’impresa non sembrava troppo ardua. Dalí ha dipinto un’enorme quantità di quadri, circa 1.500, e dal 1951 in poi è stato colto da una crisi mistica sui generis, dedicandosi prevalentemente a soggetti di tipo religioso. In più, come il suo conterraneo Pablo Picasso, anche Dalí aveva una “cultura visiva” strepitosa, per cui nelle sue opere abbondano i riferimenti alla storia dell’arte di tutti i tempi. A queste condizioni, vuoi non trovare da qualche parte un san Francesco, o magari un personaggio ispirato a qualche affresco di Giotto?

E invece, macché. Per quanto riguarda il Poverello di Assisi, non poteva essere in cima alle preferenze di Dalí, il quale amava un cristianesimo rinascimentale e barocco, trionfale, anche eccessivo, tra le pulsioni sanguigne della spiritualità spagnola e una reinterpretazione del Credo alla luce della Fisica quantistica. Il soggetto sacro per eccellenza raffigurato dall’artista catalano è la Madonna (avendo per modella la moglie Gala), che sia quella di Port Lilgat, l’Assunta o la Vergine di Guadalupe. Tra parentesi, la Madonna di Port Lligat del 1949 la portò a vedere a Pio XII, ma non sappiamo che giudizio ne abbia dato Papa Pacelli. In altri casi Salvador Dalí ha raffigurato santi delle sue parti, come san Narciso con il suo paradossale “miracolo delle mosche”.

Neppure Giotto era un autore “citabile” per Dalí, perché a suo avviso la “vera” pittura è nata con la tecnica a olio, che consente di rendere in maniera perfetta le atmosfere luminose e l’incarnato umano. In pratica, dalla pittura olandese di fine Quattrocento in poi, un secolo e mezzo dopo Giotto.

Ma Dalí, a quanto pare, ha riservato una “bella sorpresa umbra” agli ultimissimi anni della sua vita. Alla Fondazione Dalí di Figueras è conservato un quadro del 1981, largo un metro e alto un metro e mezzo circa, dal titolo Apparizione del volto della Afrodite di Cnido in un paesaggio. Afrodite è bellissima, ma a lasciare di stucco è il paesaggio. Un tipo di ambiente che il pittore spagnolo non aveva mai raffigurato prima: un terreno verdeggiante, visto dall’alto, su cui si susseguono file e file di laghetti rotondi, tra alberi e piccoli borghi. Un tardivo omaggio alla aeropittura del nostro Gerardo Dottori, futurista? Scommetterei di sì.

AUTORE: Dario Rivarossa