Madre Speranza a Collevalenza costruì un grande centro di fede

A vent'anni dalla morte il ricordo della fondatrice dell'Amore Misericordioso

Quel freddo pomeriggio del febbraio di vent’anni fa un lungo corteo si snodava al santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza. Erano vescovi, sacerdoti e folla di fedeli che accompagnavano la salma di madre Speranza per le vie innevate. Grigio era il cielo, le colline all’intorno imbiancate di neve mentre le campane scandivano mesti ritocchi. Non sembrava un funerale ma un’ apoteosi per una suora che nello spazio di trenta anni aveva trasformato Collevalenza in un centro di fede e di speranza, costruendo edifici per il clero, le suore e una casa d’accoglienza per i pellegrini intorno al piccolo santuario dell’Amore Misericordioso e poi al grande santuario con il suo alto campanile svettante verso il cielo. Nella grande chiesa la folla di fedeli circondava la bara di madre Speranza e mentre si elevavano al cielo le preghiere di suffragio diffusa era in tutti la certezza che l’opera di madre Speranza non finiva lì ma cominciava una nuova epoca in cui il ricordo e l’invisibile presenza di lei avrebbe attirato sempre più a Collevalenza tante anime in cerca di conforto e di fede. E così è stato: la tomba di madre Speranza al centro della cripta è meta continua di innumerevoli pellegrini. Tutti conoscono la storia di madre Speranza e di questo mezzo secolo di presenza dei Figli e delle Ancelle dell’Amore Misericordioso a Collevalenza. A cominciare dall’accoglienza di madre Speranza da parte dell’allora vescovo di Todi A. M. De Sanctis che assegnò a lei la casa parrocchiale che fu il primo piccolo nucleo della nascente Congregazione. Poi venne l’edificio della prima Casa, il piccolo santuario del Crocifisso, la casa per i giovani. Poi sgorgò l’acqua provvidenziale dal profondo pozzo voluto con tenacia e costante certezza dalla Madre. Infine negli anni Sessanta il grandioso santuario concepito e attuato con ardito e funzionale disegno dall’architetto LaFuente. A corona e conforto di questa grande opera la visita indimenticabile del pontefice Giovanni Paolo II nel novembre del 1982. Da questo momento madre Speranza poteva intonare il suo “Nunc dimittis” vedendo la sua opera benedetta ed avviata verso le mete prefisse. Al termine di queste poche note su una vicenda che ha coinvolto in modo così positivo la nostra diocesi, vorrei ricordare che madre Speranza aveva messo fin dall’inizio tra i compiti primari della sua Congregazione l’aiuto ed il sostegno ai sacerdoti. Abbiamo constatato in questi cinquanta anni, e credo di interpretare l’animo dei miei confratelli, che questa intenzione non è rimasta scritta su di una regola ma si è concretizzata in innumerevoli iniziative a favore del clero. Ricordo succintamente esercizi spirituali, ritiri, corsi di aggiornamento, conferenze, l’incontro annuale sacerdotale, la casa di riposo per il clero, tutto ciò offerto con gran de disponibilità, fraternità, disinteresse. Per questo proviamo grande riconoscenza per madre Speranza ed i suoi Figli e le Ancelle dell’Amore Misericordioso per cui partecipiamo di cuore a questo ventesimo anniversario della sua morte con la viva speranza che il processo canonico in corso si concluda presto con la proclamazione della sua santità.