Mediatica, bioetica risorse e multiculturalità le sfide del convegno

Le Acli si sono riunite a Orvieto

Orvieto, in questi primi giorni di settembre, è stata teatro di un avvenimento più unico che raro e noi ce ne rallegriamo per le proporzioni che ha assunto e per il carattere cristiano che lo ha dominato, dalla sigla all’ultima espressione. Anche nella stessa città ospite, e altresì a Todi e altrove in diocesi, l’Associazione vanta una sede ed una organizzazione da anni, per cui sembra superfluo spiegarne il nome e la funzione sociale; ma tanto vale ripeterlo per chi ancora non sa: Associazione cristiane lavoratori italiani (Acli), il tutto in un semplice esagono in cui campeggia una croce. Ma non dovrebbe essere sfuggito ad alcuno questo simbolo, perché per giorni ha campeggiato al centro dei bianchi vessilli, che hanno decorato e vivacizzato le antiche e severe strutture architettoniche del Palazzo dei Congressi, e poi ha svettato sulla omonima piazza, tra la cornice dignitosa dei vecchi palazzi, dall’alto di un insolito pallone aerostatico frenato, dopo tutto anche gaio nel suo colore dominante, che faceva da grosso richiamo. I partecipanti sono stati più del previsto: hanno riempito la sala delle assemblee al piano nobile in misura strapiena, e, non bastando questa, tutte le altre strutture e spazi al coperto ed all’aperto. Motivo per cui se Orvieto vorrà continuare a chiamarsi ‘città congressuale’, dovrà in qualche maniera provvedere ad allargare le sue capacità di alloggio e di recezione, in modo da adeguarle anche alle più esose richieste. Ha supplito a tutto mirabilmente, per quel che ci è stato dato di notare, la perfetta organizzazione del convegno. Il quale, dopo la tetralogia di Vallombrosa ( i quattro anni in cui vi si è svolto dal 1999 al 2002) accusava, per bocca dei suoi dirigenti, il bisogno di dover crescere attraverso una scelta coraggiosa ed innovativa, e sembra che Orvieto, con la sua posizione geografica e la straordinarietà delle sue visioni di natura e di arte, ci sia riuscita ad allargarne il richiamo e la dimensione. La tematica è stata tracciata su di un ipotetico passaggio dall’asse paura/sicurezza a quello speranza/rischio . ‘Ma non partire dalla paura, specie dopo il fatidico 11 settembre, per costruire il futuro, ma partire dalla speranza’: era questa la novità del titolo stesso dell’insegna congressuale Vivere la speranza nella società globale del rischio. E’ evidente che sotto c’è il vibrante riecheggio dell’intera lezione di Giovanni XXIII, della sua Pacem in terris. Ed anche degli stessi Vescovi italiani che avevano messo in guardia, nel documento pastorale ‘Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia ‘, contro la scomparsa nell’attuale cultura di un’idea che la storia dell’uomo abbia una direzione, in quanto è incamminata non verso la fine o l’annientamento di essa, ma verso una pienezza che va al di là di essa. Quindi una speranza che porta la storia al di là della storia. Tutto questo avviene però sempre nella libertà della fede, e mettere insieme libertà con la fiducia nel futuro, significa che chi accoglie la speranza, accoglie contemporaneamente anche il rischio e l’incertezza. Quali sono i rischi affrontati nel Convegno di Orvieto? Tra i molteplici sono state quattro le sfide scelte: la mediatica, la bioetica, delle risorse (acqua, idrogeno, petrolio), multiculturale. Nessuna meraviglia che, davanti ad una nutrita assemblea di lavoratori, sul podio si siano succeduti, dopo l’apertura tenuta da Luigi Bobba, presidente nazionale, uomini di pensiero, di studio, di scienza e di opinione, tra i più vari e i più noti. Dal filosofo Cacciari al sociologo De Rita, dal teologo card. Ersilio Tonini a mons. Renato Martino, dal bioetico Francesco D’Agostino al Presidente della Camera dei Deputati, Pierferdinando Casini, dal giornalista Gad Lerner a Paolo Rufini, dal vaticanista Luigi Acattoli all’economista Jeremy Rifkin; dai diplomatici Sandro Calvani a Staffan De Mistura a Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, al missionario Kizito Sesana, e ad altri cattedratici, studiosi e giornalisti non meno noti, tutti e tutto abilmente condotti da Angela Bottiglione, direttore Tgr. Momento di grande significato e concentrazione spirituale la messa in Duomo, alle ore 18.30 di sabato 6 – 9, celebrata da mons. Fernando Charrier, presidente della fondazione Giustizia e Solidarietà. Al termine c’è stato anche il concerto di Lucio Dalla, davanti a circa 5.000 persone.

AUTORE: M.P.