Lontano dalla “piatta” folla

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini XXXI Domenica del tempo ordinario - anno C

Domenica scorsa ci siamo incontrati con un esattore delle tasse di cui non ci è stato detto né il nome né il livello impiegatizio, né se fosse particolarmente ricco. Oggi ne incontriamo un altro, di cui invece conosciamo il nome, Zaccheo; la professione, esattore capo; ceto sociale, ricco, forse molto ricco; aspetto, statura inferiore alla media, ma agile. Sentiremo raccontare un fatto avvenuto a Gerico, ultima tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme; episodio tra i più famosi dei Vangeli. Luca comincia con il dire che il Nostro “cercava di vedere Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.”

Il rilievo è pieno di significato. La ricerca sta sempre all’inizio di una conversione. Prima si sperimenta un’insoddisfazione, che inquieta e spinge a cercare qualcosa. Spesso uno non sa nemmeno che cosa, ma se è attento, a partire da lì gli Dio apre strade inaspettate. Zaccheo è un curioso che ricerca; inizialmente fu forse spinto solo dalla curiosità di vedere come era questo rabbi di cui tutti parlavano; ma, senza saperlo, stava cercando qualcosa che gli desse quella pienezza che non aveva ottenuto dalle ricchezze. Dice il racconto che due cose impedivano a Zaccheo di vedere Gesù: la folla e la sua bassa statura. Le stesse cose impediscono all’uomo d’oggi di riconoscere Gesù.

La folla di Gerico è metafora delle masse di oggi, culturalmente appiattite sul pensiero unico, succubi della dittatura del relativismo; esse impediscono di vedere al di là del politicamente corretto; la bassa statura, da parte sua, simboleggia l’incapacità strutturale di elevarsi al di sopra delle mode culturali. Zaccheo però non è un conformista: nonostante le posizione sociale, non si vergogna di mettersi a correre e arrampicarsi sopra un albero. Non gli deve essere stato difficile farlo: il sicomoro era un fico selvatico, ricco di fogliame e dai rami larghi e bassi. Sperava proprio di vedere senza essere visto. Ma così non fu.

Nonostante il fitto fogliame, il suo sguardo si incontrò con quello di Gesù, che lo cercava. Si sentì chiamare per nome. Come lo conosceva? Chi gli aveva detto il suo nome? “Zaccheo, affrettati a scendere, poiché bisogna che oggi io dimori a casa tua”. La richiesta era molto esigente e non ammetteva indugi. Per prima cosa, gli chiedeva di affrettarsi, il regno di Dio non tollera ritardi. Seguono due termini decisivi in tutta la storia della salvezza: oggibisogna. Chi ha qualche familiarità con le Scritture sante non ha difficoltà a ricordarne i luoghi. L’incontro con Dio e la conversione sono stati stabiliti per oggi. L’oggi è l’unico tempo entro cui abbiamo la possibilità di decidere. Il futuro non è in nostro potere. Quel bisogna rimanda al piano di Dio, che ha stabilito alcuni momenti nella storia di ognuno; e non possono che essere quelli. Non li si possono mancare. Il greco lo esprime con una parola che molti tra noi conoscono, kairòs. Se lo perdi, forse non lo troverai mai più. “Oggi devo fermarmi a casa tua”.

La reazione del ricco esattore mette allegria soltanto a leggerla. “Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia”. Gesù gli aveva messo fretta, e lui obbedì alla lettera. Si era arrampicato alla chetichella, sperando di sfuggire alla curiosità della folla; ora scende in fretta, allegro come un ragazzino. L’arrivo di Gesù in quella casa fu una festa. La gente invece la prese male: “È entrato in casa di un peccatore”. Di solito erano i farisei a scandalizzarsi; questa volta sono tutti. Forse perché si trattava di un dirigente dell’ufficio delle entrate, con cui tutti avevano problemi (!). Il racconto non dice nulla della probabile conversazione avvenuta tra i due. Date le premesse, è probabile che abbiano parlato a lungo. Del resto, Gesù gli aveva chiesto di alloggiare in casa sua, non solo di passare per un salutino. Avrà dato un banchetto, come era accaduto altre volte? Non dimentichiamo che nel gruppo dei Dodici c’era anche un suo ex collega, che ora si chiamava Matteo.

Al narratore Luca questi dettagli non interessano, va subito al sodo. Ci presenta Zaccheo in piedi, che solennemente giura che avrebbe distribuito ai poveri metà dei suoi averi e risarcito gli eventuali derubati di quattro volte. Gesù risponde in modo altrettanto solenne: l’accoglienza ricevuta in quella casa ha meritato a Zaccheo vedere in volto la salvezza. Essa è un avvenimento concreto, che si realizza in preciso punto del tempo e dello spazio: questa volta fu la casa di Zaccheo. E conclude che anche un ricco sfruttatore del popolo può ricevere l’eredità di Abramo. Per questo il Messia è venuto nel mondo: “Cercare ciò che era perduto”. La lettura si conclude con lo stesso verbo con cui si era aperta: cercare. All’inizio si dice che Zaccheo cercava di vedere Gesù, ora è Gesù che dichiara di essere venuto a cercare Zaccheo perduto. Due ricerche si sono incontrate.

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all’Ita di Assisi