Miti da sfatare

IMMIGRATI. I dati forniti dalla prefettura di Terni

immigratiSono diventati nel tempo una presenza sempre più visibile nelle nostre città, paesi, borghi. Il nostro sguardo, da sorpreso e incuriosito che era, si è pian piano abituato al cambiamento: parliamo dei residenti stranieri.

L’argomento è attuale e crea notevoli divisioni tra i pareri, anche perché il ruolo sociale e l’impatto nella vita civile degli immigrati spesso non era ben definito.

Ebbene, la ricerca presentata nei giorni scorsi dal gruppo di lavoro Sistan istituito in prefettura a Terni definisce con molta precisione questa realtà, che è di molto cresciuta.

Oggi appare multietnica e ben integrata nel territorio, tanto che ne è ormai una insostituibile realtà produttiva e lavorativa e sociale. Intanto, rispetto alla comune “percezione” del fenomeno immigrazione, le cifre dicono che essa rappresenta il 10% del totale dei residenti della provincia di Terni, ovvero 23.061 unità, cresciuti di quasi due terzi dal 2010, ma assai meno negli ultimi anni di crisi.

Il voluminoso dossier esamina molti aspetti dell’immigrazione, ma sembra importante evidenziare l’incidenza che essa determina sulle attività economiche del territorio, a cominciare dal mercato del lavoro, per rispecchiare infine livelli di reale integrazione.

Ora, se il tasso di occupazione degli immigrati è simile a quello generale (58,5%), il tasso di disoccupazione è assai più elevato (19,7% contro 12,2). Se analizziamo gli avviamenti al lavoro nel 2014, ne scaturisce rispetto al 2013 una caduta occupazionale del 4,7% che diventa un abisso rispetto al 2008 (-31,2%), contravvenendo la “vulgata” secondo cui la crisi sarebbe “pagata” dagli italiani a favore degli immigrati.

Da notare che a soffrire il maggior costo è l’occupazione maschile (-10,3%) rispetto al -0,2% di quella femminile (dati del 2014 sul 2013), la quale conserva alti livelli occupazionali in alcuni settori di cura alla persona. I settori di impiego prevalenti sono l’agricoltura (14,1%), le costruzioni (9,6%), l’industria (7,6%) e il commercio (5,1%), mentre – come si diceva – con una forte presenza femminile nei servizi alla persona (12,7%), sanità e assistenza sociale (11,4%), e soprattutto nelle attività di famiglie e convivenza come datori di lavoro (23,5%) essi pesano addirittura per l’80,5% del totale.

Inoltre gli stranieri hanno un forte ruolo nell’imprenditoria, il cui incremento è costante e sembra non sentire la crisi. Oggi sono 1.946, con un incremento del 5,3% rispetto al 2013. Quanto ai settori di attività, prevalgono commercio (31,9%) e costruzioni (27,9%); seguono alloggio e ristorazione, manifattura e agricoltura.

Interessante anche l’evoluzione delle strutture giuridiche delle aziende: gli immigrati imprenditori sono titolari di imprese individuali al 64,9%, amministratori di società di capitali al 24,5%, soci di una società di persone all’8,5%.

Quanto alla provenienza, prevalgono romeni (19%) su albanesi (11,4) e marocchini (8,8); i primi due, fortemente impegnati nelle costruzioni. Il dossier è assai interessante e piuttosto voluminoso. I dati qui riassunti non rendono giustizia a un lavoro ben più complesso, che dà un’idea più precisa e lontana dai luoghi comuni circa il complesso fenomeno dell’immigrazione.