Mons. Grandoni si confida e difende i suoi 28 anni di episcopato

Lettera del vescovo ai membri del Presbiterio e del Collegio diaconale

Il vescovo di Orvieto-Todi, mons, Decio Lucio Grandoni, ha fatto pervenire a tutti i membri del Presbiterio diocesano nonché del Collegio diaconale diocesano la seguente lettera che porta il titolo “Apologia di un calunniato”, che riportiamo per intero”Ritengo sia mio dovere presentare a Voi alcune precisazioni apologetiche dopo i violenti attacchi politici e giornalistici che ho dovuto subire. Un corrispondente ironicamente ha scritto che io, dopo gli attacchi, sarei stato depresso e mi sarei chiuso nel mio studio a consolarmi con l’amato sigaro. Non è vero! Io sono stato sempre sereno perché la mia coscienza è tranquilla: semmai ho sostato più a lungo, nella mia Cappella, davanti al SS.mo Sacramento. E Gesù mi ha detto: “Se la tua opera pastorale ricevesse universali attestati di approvazione e di applausi generali, il giorno del Giudizio potrei dirti: Recepisti mercedem tuam; ma non è così”. Certo sono addolorato, ma mi consola anche la prospettiva che tra circa sei mesi darò le mie dimissioni per limiti di età e, dato questo can-can, avrò meno rimpianti personali. Mi consola però il fatto di aver ricevuto l’assicurazione dai miei preti che nessuno di essi si sia scandalizato e con le mani nei capelli abbia denunciato una mia lettera diretta ai Ministri ordinati. Attacchi politiciMi fu chiesto di partecipare con il rabbino di Roma ed un Iman di Milano ad una preghiera interreligiosa per la pace e la giustizia nel mondo: aderii subito senza esitazione all’invito. E non trovai nessuna remora ad invitare i fedeli ad un momento di preghiera cui io partecipavo (non li ho invitati alla Festa della Margherita). Ho anche subito aderito all’invito di persone di centro-destra a celebrare una messa, la sera dell’11 settembre scorso, in suffragio dei morti di New York e di Washington. Da qui è ripartita la solita cantilena del “Vescovo rosso” e delle mie ingerenze (insieme all’Azione cattolica) nelle elezioni. Posso affermare senza timore di smentita, che: non ho mai scritto una riga o pronunciato una frase su questo argomento; non ho mai suggerito ad alcuno – nemmeno in privato – scelte elettorali. Lo potete attestare tutti voi: vi ho mai dato, in pubblico od in privato, suggerimenti politici? Il bipolarismo vede cattolici aderire sia al centro-destra che al centro-sinistra: queste sono scelte fatte nell’ambito della legittima libertà personale che io rispetto. Non mi sono mai schierato né per gli uni né per gli altri. Con tutte le Autorità, locali, provinciali, regionali e nazionali, ho corretti rapporti istituzionali, senza distinzione di appartenenza politica. Le uniche mie “ingerenze politiche” le ho avute da seminarista e sacerdote nel Comitato civico (dal 1946 al 1969), da Vescovo ausiliare nel referendum sul divorzio e da Vescovo residenziale in quello sull’aborto. Appare evidente che persone di centro-destra si attribuiscano i poteri del Signore e dicano: “Chi non è con noi è contro di noi”. Attacchi personali e al mio ministero pastorale Sono stato definito “il Vescovo che taglia e divide”: le prove sono il fatto che, in alcune circostanze, alcuni fedeli hanno contestato il reale o ipotetico spostamento di un parroco e che in qualche caso, a norma delle Leggi ecclesiastiche vigenti, qualcuno non preparato e non ben disposto è stato escluso dai Sacramenti. Questo sarebbe quanto ho realizzato in quasi 28 anni di Episcopato ad Orvieto ed a Todi. Si ironizza sugli aiuti agli usurati; ricordo che i denari perduti per inadempienza dei beneficati (50.000.000 di lire) non sono stati perduti dalla diocesi, ma da altre vittime dell’usura, dato che il fondo aveva carattere di rotazione. Poi le solite sciocchezze sulla festa della Palombella e sulla mia residenza a Todi, stabilita in base alle mie necessità personali in conformità alle istruzioni avute dalla S.Sede al momento della fusione delle diocesi di Orvieto e di Todi. Questi gli argomenti che dimostrerebbero il fallimento della mia attività pastorale, che sarebbe in pieno contrasto con il mio motto episcopale (al quale ho cercato sempre di attenermi) “Unum corpus multi sumus”. Una mia prossima lettera pastorale di commiato dimostrerà l’infondatezza di queste accuse. Ho ricevuto numerose attestazioni di solidarietà da molti, anche da confratelli vescovi e da un importante uomo politico di centro-destra: essi mi conoscono meglio degli incauti corrispondenti orvietani. Non aggiungo altro. Affermo soltanto che, malgrado tutto, fino all’ultimo giorno in cui avrò la responsabilità della reggenza della nostra diocesi, da Vescovo o da Amministratore apostolico, lavorerò e mi impegnerò come i primi giorni del mio Episcopato”.

AUTORE: Mons. Decio Lucio Grandoni