I “navigator” non daranno lavoro

di Pier Giorgio Lignani

Ma è vero che non c’è lavoro per i giovani italiani? Bisogna intendersi. Molti di quelli che dicono di avere cercato lavoro e di non averlo trovato vogliono dire, in realtà, che non hanno trovato quel posto di lavoro che avrebbero desiderato e non si sono accontentati di un lavoro diverso.

Insomma, si tratta di persone che – grazie in genere alla famiglia di origine – si possono permettere di scegliere e di vivere anche senza lavorare, almeno per un po’, in attesa di trovare un posto che sia di loro pieno gradimento. Altrimenti non si spiegherebbe come possano esserci in Italia circa cinque milioni di lavoratori stranieri che, se donne, fanno in prevalenza le domestiche, le badanti, le addette ai servizi di pulizia; e se uomini, fanno i manovali nell’edilizia e gli operai non qualificati.

Questi non si pongono il problema se accettare o no, vanno dove li chiamano. Certo non si può pretendere che un laureato in filosofia accetti un posto da meccanico; ma è anche vero che, se uno ha bisogno di un meccanico, non sa che farsene di un filosofo. In ogni caso i posti non spuntano da soli come i funghi; si creano se ci sono nuove imprese e se l’economia è in crescita. Da questo punto di vista, non si capisce come si possa risolvere il problema potenziando i Centri per l’impiego, pure con l’invenzione dei misteriosi “navigator” (fra parentesi: è una parola latina, perché pronunciarla all’inglese?).

Mica possono trasformare i filosofi in meccanici, e viceversa. E neppure convincere le banche ad assumere impiegati mentre tutte stanno chiudendo sportelli, agenzie e filiali. Una volta di più, i problemi economici non si risolvono con le buone intenzioni e con i decreti. Basterebbe rileggere I promessi sposi, dove si vede che, se si costringevano i fornai a vendere il pane in perdita, non si scongiurava la carestia, la si aggravava.

Saremmo tutti contenti se la riforma dei Centri per l’impiego e l’entrata in campo (o in acqua?) dei navigator risolvessero i problemi dell’occupazione, ma hanno l’apparenza di palliativi, cure poco più che illusorie.

Bisognerebbe invece far irrobustire il sistema produttivo. Ma non si fa in pochi mesi.