Obiettivo Kazakistan

Il francescano Luca Baino ha chiesto di partire in missione per il Paese asiatico. Per aiutare i bambini lasciati a se stessi

In un periodo di crisi vocazionali, anche nella nostra realtà, meritano di essere conosciuti l’entusiasmo, la generosità, l’altruismo di quanti guardano alle lontane terre di missione come luogo di impegno e di testimonianza. È il caso di padre Luca Bàino, francescano di Santa Maria della Pietà che, forse, lascerà Umbertide per andare in Kazakistan, per coronare un progetto di comunione che va avanti da tempo. Gli abbiamo rivolto alcune domande. Innanzitutto, qual è il tuo ruolo in tutto il ‘meccanismo’ che si è creato a favore di Talgar (Kazakistan)? ‘Faccio da referente per tutte le attività e tra tutti i gruppi che sono nati ‘come i funghi’ in Italia Lo stile è quello di creare legami di amicizia, creare una famiglia, perché i bambini kazaki di Talgar hanno bisogno di questo. Anche tra di noi la cosa principale è creare una famiglia, perché i bambini hanno bisogno di questo. Le attività che svolgiamo tendono a far conoscere ‘L’Arca’, un’associazione nata nel 1996 che, pur essendo aconfessionale, vuole inserirsi nella tradizione cristiana dell’attenzione ai più piccoli e dimenticati’. Qual è la situazione che si vive oggi in Kazakistan? ‘Ci troviamo di fronte a una diversa concezione di famiglia, con i bambini lasciati senza nessuno che si occupi di loro. Quelli che sono dentro gli orfanotrofi (e che noi cerchiamo di contattare, visitare e che, in alcuni casi, chiediamo che ci vengano affidati), non hanno diritti, non hanno voce, non hanno niente. La loro prospettiva è di entrare da neonati in un orfanotrofio; arrivati a 17 anni passare poi allo ‘spizio dei vecchi’ dove finire i propri giorni’. Come sono visti i vostri tentativi di aiuto dal Kazakistan? ‘Non molto bene, perché questi bambini sono una fonte di guadagno. Non si è capito che noi li vogliamo aiutare nella loro terra, per farli diventare dei bravi cittadini kazaki senza farli degli sradicati per tutta la vita!’.Quale forma di sostentamento avete escogitato? ‘Lo Stato kazako non dà nessun contributo, per cui si fa affidamento sui fondi che riescono ad arrivare dall’Italia. E quindi, padre Guido Trezzani (il ‘Papa’ come lo chiamano, in russo vuol dire papà), pensa al cibo, ai vestiti, ai medici, al materiale occorrente, alle educatrici che stiano insieme con loro’. Cosa possiamo fare noi da qui? ‘Innanzitutto possiamo inviare denaro, ma se qualche coppia avesse voglia di una ‘vacanza alternativa’, le sarebbe proposto di andare in Kazakistan e dare una mano, con l’esperienza dell’essere genitori’.

AUTORE: Fabrizio Ciocchetti