Pastori della Chiesa, non funzionari

Mai come in questa occasione i giornali locali si sono buttati sul toto-vescovo, istigati da ipotesi di popolo e da suggerimenti di vaticanisti romani a caccia di sussurri di corridoio. Questo tipo di gioco a indovinare, per soddisfare la curiosità dei lettori, per i giornalisti di mestiere è un esercizio obbligato, che crea fastidio e imbarazzi alle persone che sono coinvolte nei ‘si dice’. Se vogliamo dare di ciò una valutazione positiva, possiamo rilevare l’importanza che riveste la figura del vescovo nell’opinione pubblica. Si ripete spesso, a ragione, che è finita l’epoca clericale, lo Stato è laico, la società è secolarizzata, i cristiani sono una minoranza, vi sono altre religioni e un pluralismo diffuso. Cose tutte vere. In parte. Troviamo, infatti, che i vescovi nel nostro territorio, ma anche negli Usa e persino in Cina, hanno un rilevante peso sul piano rappresentativo, culturale, sociale e, naturalmente, religioso. Dalle origini ad oggi, si può dire, la figura del vescovo è quella che ha mantenuto integro il suo prestigio. Pur avendo perduto poteri e competenze di ordine temporale, che ha esercitato in molti periodi dei duemila anni di storia cristiana, il vescovo nella sua Chiesa, chiamata diocesi, è un pròtos, un primo ed unico. Non c’è una Chiesa senza un vescovo e non si dà vescovo senza Chiesa. Questa è dottrina antica e tuttora vera. L’esercizio di questo ‘primato’ deve essere collegiale, nel senso di collegio episcopale, e nel senso di comunione ecclesiale interna ad ogni porzione del popolo di Dio, segnato da vincoli di fraternità, in intima unione con il vescovo che presiede come segno visibile del capo che è Cristo. Questo dato di fede cattolica ha una ricaduta, anche se in modo indiretto, sulla società civile, esercitando su di essa un’influenza non trascurabile. L’autorità del vescovo, che in ambito ecclesiale è esercitata secondo precise regole giuridiche, in ambito civile diventa autorevolezza, presa nella giusta considerazione anche per la personalità del vescovo che è eletto di volta in volta per quella diocesi. Ci troviamo a scrivere, questa volta, non solo in generale, ma specificamente di vescovi che vengono e vescovi che vanno. Ci dovrà essere un periodo di conoscenza vicendevole tra vescovo, clero e laici, necessaria per procedere insieme in un cammino concorde sorretto dalla carità. Per i pubblici funzionari basta l’autorità e la legge per svolgere le loro funzioni. Per un pastore è necessario che conosca le sue pecore ad una ad una, come dice il Vangelo. Ciò è quanto promettono i vescovi che vengono, ciò è quanto hanno cercato di fare quelli che partono. Ciò è quanto si aspettano i fedeli. Siamo certi che così sarà. A tutti un augurio e una preghiera perché lo Spirito sostenga i pastori che ha scelto per le sue Chiese.

AUTORE: di Elio Bromuri