Per Obama inizia il lavoro vero

L'editoriale

Dal discorso inaugurale alle scelte più urgenti. Non vi è dubbio, i due milioni di cittadini di ogni razza, età e credo che, il 20 gennaio, hanno partecipato alla cerimonia inaugurale della presidenza di Barack Hussein Obama II avevano la consapevolezza di partecipare ad un momento storico. Il colpo d’occhio era impressionante: nonostante il gelo, sin dalle prime ore del mattino la folla aveva raggiunto e riempito il Mall, la grandissima area verde che va dal Lincoln Memorial in riva al Potomac sino alla collina del Campidoglio per poter dire ‘c’ero anch’io’. Molte persone, ai microfoni dei giornalisti di tutto il mondo, raccontavano di aver ascoltato in quello stesso luogo, davanti alla statua di Lincoln, il leggendario ‘I have a dream’ di Martin Luther King, e dicevano commossi che oggi, nello stesso luogo, si compiva finalmente quel sogno. Per questo avevano portato figli e nipoti anche piccolissimi ad essere parte di un momento storico. È forse questo il carattere più notevole di ciò che è stato celebrato a Washington. Obama, con una coreografia ampia e studiatissima, e invero anche piuttosto costosa, è riuscito a riconciliare un Paese con se stesso e con la sua storia, creando le condizioni perché tutti si sentissero in qualche modo protagonisti. L’uso dei simboli che ricordavano Lincoln, il treno da Philadelphia e la Bibbia dorata del giuramento, il richiamo, non esplicito ma evidentissimo nei contenuti del discorso inaugurale, a Roosevelt, King e Kennedy… Una festa che ha permesso a tutti di riconoscersi e di riunirsi. ‘One nation’, l’unità, è il messaggio che è stato rilanciato dai media americani con più frequenza durante la giornata. La cifra politica di Obama sinora sembra essere proprio la capacità di creare un rapporto positivo coinvolgente con la gente’ La gente non ha solo invaso Washington, infatti. In tutta la nazione il discorso del nuovo presidente è stato seguito in un numero infinito di teatri e sale civiche dove le persone hanno ascoltato e applaudito insieme. Un fenomeno che ha superato i confini nazionali. Obama ha pronunciato un discorso sobrio nella forma e controllatissimo. Ha iniziato parlando della crisi e delle sfide che sono davanti al Paese. Quindi ha sottolineato le responsabilità internazionali per la pace e la lotta alla povertà e alla fame, invitando ad un impegno comune internazionale e citando il ritiro dall’Iraq e la pace in Afganistan. Ha esplicitamente citato il mondo islamico con un invito al dialogo e ha concluso con un riferimento ai valori dei Padri fondatori. Se le sfide sono nuove, i valori che abbiamo a disposizione per vincerle sono antichi, ha affermato il presidente. Sono i valori che hanno costruito l’America e su cui fondiamo una ‘nuova èra di responsabilità: prezzo e orgoglio della cittadinanza’. La conclusione, pronunciata senza enfasi, sarà probabilmente citatissima negli anni a venire: ‘Sessant’anni fa un nero non sarebbe stato servito in un bar, oggi può pronunciare il discorso più solenne’. Ora inizia il lavoro vero, più scomodo e meno poetico dei discorsi inaugurali. Nasce una nuova stagione. Speriamo che le tante lacrime di gioia versate possano fecondare il cammino di responsabilità che ora va percorso, sapendo che o è percorso insieme, o è destinato a fallire.

AUTORE: Riccardo Moro