Per produrre all’estero non serve l’immagine ma fatti

Aldo Potenza, coordinatore del Centro estero delle Camere di commercio dell'Umbria

“Avvicinare sempre di più la filosofia produttiva italiana ai paesi esteri verso i quali le aziende sono interessate ad aprirsi”. Un processo che Aldo Potenza, coordinatore del Centro estero delle Camere di commercio dell’Umbria, ha ben chiaro in mente. Tanto da far capire bene che raramente le iniziative di promozione ‘politica’ della nostra regione riescono a sortire effetti concreti e reali per le aziende umbre. “E’ necessario invece – sostiene Potenza – un impegno pubblico a sostegno dei servizi per le imprese, in modo che gli imprenditori possano trovare nel paese estero una ‘voce amica’ che possa orientarli nei meandri della burocrazia e qui a livello locale una struttura per avere tutte le informazioni e i punti di riferimento”. Come si muovono le aziende umbre verso l’estero?”Cominciano a essere numerose. Alcune, che sono considerate artigiane o solo commerciali in Umbria, possono tranquillamente essere classificate come industriali in Romania o in altri paesi dell’Est. Altre progettano in Italia, producono nei paesi dell’est e poi vendono in Italia o, comunque, con il marchio del ‘made in Italy’. C’è un interesse crescente verso la delocalizzazione produttiva. Certo, la situazione regionale non è neanche minimamente confrontabile con quanto accade nel nord d’Italia, in Lombardia o nel Veneto. L’Umbria sta movendo i primi passi praticamente adesso”. Cosa si potrebbe migliorare negli aiuti pubblici alle aziende?”Posso fare un esempio. Qualche anno fa, in Umbria cercammo di fare un accordo con la finanziaria della Regione Marche, per integrarci a vicenda mettendo insieme le rispettive conoscenze sui mercati esteri. Purtroppo l’idea non ha avuto sviluppi. Ma credo che una struttura a rete nel centro Italia che metta i punti di eccellenza dei singoli territori in collegamento tra di loro potrebbe aiutarci molto. Altrimenti, se tutto è fatto in casa, i costi sono eccessivi rispetto ai benefici. Di sicuro dobbiamo scordarci di riuscire a promuovere all’estero persino i singoli comuni, come a volte si pretende di fare”. Più attenti al sodo, dunque, e meno alle pubbliche relazioni?”Per il commercio con l’estero più che promuovere l’immagine di questo o di quello, bisognerebbe creare i canali che consentano alle imprese di affermarsi sui mercati. I costi di promozione vanno ridotti al minimo indispensabile, per liberare risorse da destinare al lavoro di internazionalizzazione delle imprese. L’idea che ognuno nella pubblica amministrazione possa organizzare da solo servizi, canali, opportunità e altro è una sciocchezza”. d.m.L’Umbria fanalino di coda secondo i dati Istat sull’exportQuindicesima regione per esportazioni, con un volume di vendite all’estero che nel 2001 ha superato di poco i 2.300 milioni di euro. Nella graduatoria che mette in fila le venti regioni italiane secondo i dati Istat sull’export, l’Umbria si trova nelle posizioni più basse, seguita da Sardegna, Basilicata, Molise, Valle d’Aosta e Calabria. I primi dati del 2002, relativi al trimestre gennaio-marzo, confermano le tendenze che si erano già manifestate lo scorso anno. Le esportazioni crescono lievemente (Perugia è in positivo, ma Terni conferma il segno meno), mentre le importazioni segnano un calo (- 4,4 per cento nel 2001 e – 4,2 nel trimestrale 2002). L’incontro perugino fra i segretari generali delle Camere di commercio italiane all’estero, che si è svolto in questa settimana presso la Camera di commercio di via Cacciatori delle Alpi, non poteva in qualche modo non richiamare l’attenzione sull’apertura dell’economia umbra al commercio con l’estero e all’internazionalizzazione delle imprese. Due percorsi che enti pubblici e soggetti privati cercano di aprire anche per le aziende della regione. Secondo la banca dati dello Sdoe (Sistema delle ditte operanti con l’estero), curata da Infocamere, in Umbria le aziende che hanno rapporti continuativi con l’estero con un giro d’affari di almeno 12 mila euro l’anno sono poco più di 1200, sulle quasi 80 mila attive nel territorio regionale. Il commercio estero rientra nei bilanci normali di 912 aziende perugine e di 312 aziende ternane. Il dato non considera, però, quelle imprese che hanno rapporti saltuari e occasionali. L’apertura del tessuto produttivo umbro verso i mercati esteri, dunque, è piuttosto ridotta e le tante iniziative pubbliche e private in aiuto degli imprenditori non sempre vanno nella direzione giusta. Spesso le istituzioni, come la Regione dell’Umbria, si impegnano in iniziative di tipo promozionale, con viaggi e missioni all’estero per partecipare a momenti di rappresentanza, serate di gala, incontri con altri amministratori pubblici del paese visitato. Accordi e intese “politiche” che nella maggior parte dei casi restano senza soluzioni concrete per l’imprenditoria umbra. Più che la promozione, oggi le imprese chiedono servizi reali che possano agevolare concretamente lo sbocco commerciale ma anche quello produttivo all’estero. Strutture e organismi per facilitare i rapporti con la pubblica amministrazione dei paesi esteri, per entrare subito nella cultura e negli usi locali, per individuare i settori produttivi verso i quali indirizzare gli investimenti. Su tessuti economici come quelli dei paesi dell’Est europeo, ad esempio, la piccola e media impresa italiana e umbra può avere un buon successo, aprendo unità produttive competitive quanto a costo del lavoro e quindi capaci di conquistare gli stessi mercati dell’Est, mantenendo bassi anche i costi finali dei manufatti. In questo senso, amministrazione regionale, sistemi camerali, consorzi e altri organismi possono essere davvero utili se favoriscono l’incontro tra aziende italiane e straniere, il reperimento di partner commerciali e industriali esteri per le Pmi umbre, servizi ad alto valore aggiunto per favorire la delocalizzazione produttiva. Quello che l’Umbria sta facendo in particolare con Romania, Russia, Marocco, Tunisia. Senza dimenticare i mercati verso i quali viene indirizzata la gran parte delle esportazioni – Germania, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Spagna – che raccolgono oltre la metà dell’intero volume commerciale che dall’Umbria raggiunge l’estero.

AUTORE: Daniele Morini