E’ un dato di fatto che le scuole altotiberine, come tutta la scuola italiana, siano nel mezzo di una fase di passaggio assai turbinosa. A cominciare dalla scuola “di base”, i sette anni che presto sostituiranno elementari e medie: il ciclo comincia, ma i riferimenti programmatici, l’inserimento prospettato delle lingue, la stessa sintonia tra ex elementari ex medie non è assolutamente chiara. Non più tardi della settimana scorsa l’assessore provinciale di Perugia ha invitato ad un convegno sull’obbligo scolastico anche i dirigenti delle scuole medie, oltre che quelli delle superiori, ad indicare la necessità di compiere un orientamento effettivo per tutto il percorso degli alunni. Ma alcuni presidi si stavano chiedendo piuttosto “Quale fine faremo?” In compenso, nella stessa riunione, è stato ricordato l’obbligo di legge, per i giovani, di essere formati fino a diciotto anni, studiando negli istituti secondari o nelle scuole di formazione professionale, oppure con l’inserimento nelle imprese attraverso l’apprendistato (dove comunque almeno 120 ore annue sono dedicate allo studio). Molte famiglie, si è constatato, non lo sanno nemmeno. Ed è tutto un cercare di studiare raccordi tra le varie realtà e all’interno degli indirizzi della secondaria per attuare il sistema dei “crediti” previsto dal regolamento (le famose “passerelle”). Già ora, alla luce dei risultati del primo quadrimestre, si dovrebbe, in teoria, invitare i ragazzi a rivedere il proprio percorso scolastico. Una domanda però sorge spontanea: come fanno istituti piccoli, che lottano spesso per la costituzione di una classe, rinunciare a qualche allievo per “traghettarlo” verso la formazione professionale? Allora ecco ritornare in ballo lo spettro degli accorpamenti. Certo, queste situazioni a Città di Castello rappresentano dei nodi da sciogliere: ma le scelte politiche, che competono agli enti locali, non trovano soluzioni condivise e così si sopravvive alla giornata. Intanto è tempo di iscrizioni. I risultati non sono ancora noti, anche se pare essersi verificata una certa ripresa del Liceo classico e dell’Ipc, grazie, in quest’ultimo caso, al probabile inizio del corso “alberghiero”, che, se attuato, potrebbe “recuperare” i ragazzi che andavano ad Assisi o fuori regione. Infine dirigenti docenti ed Ata si chiedono che fine abbia fatto il contratto sottoscritto in dicembre, appena dopo le elezioni delle Rsu: degli aumenti promessi, per quanto ritenuti scarsi, nemmeno l’ombra e non si capisce se a Roma, con l’Aran, si stia discutendo del secondo biennio economico del precedente contratto (2000/2001) o di un contratto nuovo. Queste tensioni, comunque, hanno prodotto una disgregazione all’interno del personale che non pare foriera di niente di buono: esplodono i corporativismi ed ognuno si aggrappa alla difesa del proprio orto. Comprensibile, ma certamente poco strategico. L’unità, si sa, è ciò che rende forte ogni categoria, anche quella dei lavoratori della scuola, che pure, sembrava, l’avessero ritrovata.
Quali soluzioni condivisibili per evitare gli accorpamenti?
La riforma dei cicli scolastici porta con sé dei problemi anche nelle scuole altotiberine
AUTORE:
M.M.