Quanti ospedali servono?

Molto acceso in Umbria il dibattito sulla soppressione o accorpamento dei nosocomi. Quello che ancora manca - afferma un esperto - è la visione d'insieme

Ospedali umbri: tornano le discussioni su chiusure, accorpamenti e quant’altro. Naturalmente quando si parla di questi argomenti tutti sono pronti a protestare, dar vita a comitati, occupare i nosocomi. L’ultimo caso scoppiato in ordine di tempo è a Todi, dove lo scorso 7 febbraio si è levata una protesta cittadina per la chiusura delle Unità organizzative complesse del Pronto soccorso – Chiururgia e dell’Anestesiologia, con la cancellazione dei primari della Media Valle del Tevere (e di Assisi e del lago Trasimeno). Si critica, in maniera particolare, la politica sanitaria della Regione perché favorirebbe un centralismo perugino, che assorbe sempre più risorse e drena sempre maggiori investimenti. Ma cerchiamo di capire a quale futuro si andrà incontro in Umbria in materia di ospedali. In Umbria per circa 859.000 abitanti, distribuiti su 92 Comuni, ci sono 16 ospedali. I nosocomi garantiscono i servizi sanitari su un territorio che è sì piccolo, ma al tempo stesso non sempre uniforme e molto vivace quando si parla delle problematiche relative ai presidi sanitari. La Regione, dopo l’entrata in vigore del Piano sanitario 2003-2005, ha cambiato strategia riguardo la chiusura ed eventuale riconversione degli ospedali. ‘Dal punto di vista sanitario i nostri piccoli presidi – afferma Roberto Segatori, direttore del dipartimento Istituzioni e società dell’Università di Perugia e studioso del sistema sanitario umbro – sono dei luoghi non ottimali. Fino a poco tempo fa, in Umbria era prevalsa la logica di avere pochi e grandi ospedali. Sul territorio umbro significava pensarne tre di alta specialità: Perugia, Terni e Foligno. Poi, si sono accorti che anche troppo pochi non va bene, in quanto coniugare la piccola e bassa specialità con l’alta avrebbe portato all’intasamento delle corsie e delle sale operatorie. Si è deciso allora di razionalizzare le funzioni dei vari nosocomi; ed è la strada che si sta seguendo, anche se con qualche difficoltà. Si parla di organizzazione inter-ospedaliera. I vari territori della Regione discutono quali servizi dovrà garantire un polo e quali un altro. Ciò sta accadendo ad esempio tra Spoleto e Foligno e tra Perugia ed Assisi’. Il risultato finale è ancora lontano. La situazione, dunque, non è facilissima e netta. Una razionalizzazione e riconversione di alcuni ospedali in centri monofunzione o luoghi di lungo degenza sarebbe necessaria. ‘In Umbria però – dice ancora il prof. Segatori – ci sono soggetti che sono fonte di disturbo: per esempio le Fondazioni bancarie che operano su tutto il territorio regionale e che decidono di acquistare apparecchiature per i piccoli ospedali. Sono elementi di distorsione, perché aumentano la pressione della popolazione nel dire ‘conserviamo il presidio nel più alto grado’. È necessario dire chiaramente alla gente che, laddove non ci sono casistiche molto elevate, i servizi non possono essere garantiti. Ma la classe politica umbra, che anche nel settore sanità usa il criterio elettorale, non si è fidata di ridimensionare il numero degli ospedali. Ha preferito la complementarietà: alta sanità nei maggiori centri, piccola in periferia. Sarebbe giunto il momento, però, che la coscienza degli abitanti dell’Umbria si elevasse e abbandonasse la logica devastante del campanilismo. Ci si deve educare di più – afferma il sociologo – ad una visione d’insieme’. L’unione di ospedali ‘ come già accaduto per Gubbio e Gualdo Tadino, come avverrà per Todi e Marsciano entro il 2011, così come per Narni e Amelia ‘ o la loro riconversione in centri di altissima qualità per il recupero motorio ‘ come Trevi e ultimamente Cascia – è auspicabile, tenendo anche conto che la popolazione umbra tende ad invecchiare sempre più. Il nuovo Piano sociale, che è in discussione e che dovrebbe coprire il biennio 2009-2011, tenta di muoversi in questa direzione. Nella bozza si legge: ‘Un’attenzione particolare viene riservata alle cosiddette cure intermedie per la gestione delle patologie croniche e l’assistenza agli anziani. In questo settore si conferma il ruolo strategico delle Rsa, ma si propone di puntare anche allo sviluppo degli ospedali di comunità, strutture residenziali affidate ai medici di Medicina generale’.

AUTORE: Francesco Carlini