E’ venuto in Umbria, a Gubbio, il presidente della Camera Casini a dare solennità alla celebrazione della memoria di una rappresaglia tedesca che sessanta anni fa provocò la morte di quaranta persone innocenti. Furono presi a caso e messi davanti ad un plotone di esecuzione che non ha esitato a eseguire l’ordine di sparare. Purtroppo il rifiuto di sparare l’abbiamo visto solo in un film di Totò. La colpa era di aver ucciso un ufficiale tedesco. Gubbio non ha mai dimenticato questi suoi quaranta martiri, che oltre tutto, con la loro muta presenza, hanno alimentato una forte carica di antifascismo e una spinta politica a sinistra che dura ancora. Si ha un bel dire che analoghe atrocità le hanno fatte anche i sovietici al tempo di Lenin e di Stalin e anche in Italia i rossi di cui racconta Pansa in un suo recente libro. Gli eugubini le vittime le hanno avute da quella parte e da questo punto non si muovono. Ma in questi 60 anni passati qualche voce si è levata per dire che è l’ora della riconciliazione, del perdono, della stretta di mano al figlio dell’ufficiale tedesco ucciso (come si è espresso chiaramente don Ubaldo Braccini), non si è mai saputo da chi. Da chi? Non da qualcuno dei quaranta. In guerra le atrocità si compiono. Qualche volta ci sono anche degli eroi che si offrono al posto degli altri, ma gli eroi sono una merce rara. Tentò il vescovo Ubaldi senza esito, tentò con esito positivo Salvo D’Acquisto. Nello stesso tempo ci sono altre voci che cercano documenti per scoprire i responsabili degli orrendi crimini e portarli davanti ad un tribunale. Il presidente Casini ha consegnato il fascicolo che riguarda i fatti di Gubbio ed ha dichiarato la volontà del Governo di riaprire le indagini sui fatti criminali di quel periodo. Non dubitiamo che ciò risponda ad un desiderio di verità e non di vendetta da parte soprattutto dei familiari delle vittime. Ma qualunque cosa venga alla luce l’intera vicenda sta a dimostrare come le ferite lasciate da una guerra non sono affatto rimarginate dopo tanti anni. Il Vescovo si è commosso fino alle lacrime nella celebrazione del ricordo di quei poveretti fucilati. E come allora come non ripensare a quanto accade oggi in tante regioni del mondo? Siamo resi capaci di comprendere la sofferenza altrui attraverso il ricordo di quanto abbiamo sofferto a suo tempo. Oggi noi siamo chiamati a sciogliere il dolore e a fare del sangue versato di tanti un seme di pace e di saggezza, in altre situazioni non abbiamo dubbi di affermare che la guerra costituirà una seminagione di odio e un desiderio di vendetta. L’uccisione, la decapitazione, le stragi di innocenti, al di fuori di ogni logica di guerra dichiarata è un triste segno che la rappresaglia, barbaro strumento di morte, potrà continuare a persistere come un pauroso spettro nel mondo. L’attuale terrorismo islamista ha le sue stesse lugubri caratteristiche. L’impegno di operare per la pace, pertanto, resta la più importante eredità lasciata dalle vittime di Gubbio, dell’Italia e del mondo, le vittime di ogni violenza.
Rappresaglia
AUTORE:
Elio Bromuri