Regionali. Questione di stoffa

A due anni dall’inizio della legislatura e a tre dal suo termine naturale le elezioni nella gran parte delle Regioni sono un test significativo. Sono elezioni di “medio termine”, come in Francia, dove il risultato più eclatante è stato la percentuale dei votanti, ben sotto la metà degli aventi diritto. È il nodo anche in Italia. Quanti andranno alle urne? Le Regioni sono rette da un sistema presidenziale, con elezioni a turno unico. Nelle situazioni di bipolarismo più equilibrato, la differenza la fa proprio il numero dei votanti: è l’astensionismo-sanzione. La necessità di mobilitare i rispettivi elettorati non è l’unico motivo dei toni strillati, delle polemiche quotidiane, dei conflitti intrecciati, ma può contribuire a cogliere i caratteri salienti del quadro. Tanto più in una situazione di oggettiva difficoltà dei grandi “contenitori” politici, i partiti-coalizione che avrebbero dovuto avviare la fase bipartitica del bipolarismo all’italiana. Il punto è che la rincorsa, la corsa-al-rialzo non può procedere all’infinito. Sta alla capacità della leadership politica cogliere il momento in cui, lungi dall’attrarre, questo meccanismo comporta perdita di consensi, in particolare appunto verso l’astensione. In realtà le Regioni contano e sono destinate a contare sempre di più per il cittadino: passano attraverso le Regioni molte delle politiche pubbliche più sensibili, a partire dalla salute. Il processo di “federalismo fiscale” aumenterà le competenze, ma porrà in termini sempre più stringenti il problema della sostenibilità e dei pesi fiscali. Tanto più che – come ha sottolineato un editoriale comune dei settimanali cattolici del Veneto sulle elezioni – “i prossimi anni non saranno facili”: il peso della crisi e le sue conseguenze sono destinate a durare e a pesare soprattutto sulle prospettive dei più giovani. Il primo punto è allora proprio sulla stoffa, la qualità delle persone. Gli sprechi, i personalismi, le regalie, la corruzione, sia nelle piccole cose sia nelle dimensioni milionarie, per il peso della crisi incideranno sempre più direttamente nelle tasche dei cittadini. Non è il tempo dei moralismi, ma della rettitudine. Il secondo punto è relativo ai programmi: significa capacità di ascolto della realtà locale e, nello stesso tempo, di intervento e di indirizzo, secondo retti principi e valori. Quelli cari ai cattolici, su cui i cattolici da sempre si spendono concretamente nella vita sociale, possono rappresentare un criterio di giudizio e un punto di riferimento laicamente condivisibile. È interesse generale, è bene comune tutelare e promuovere la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna, la salute, la vita, dal concepimento al suo termine naturale, la coesione sociale, cioè il lavoro, l’ambiente, l’integrazione, l’educazione, la cultura e l’identità. Non si tratta semplicemente di un catalogo di buone intenzioni, piuttosto di un criterio per la scelta e, dunque, lo sviluppo, la libertà e la giustizia, sulla via dell’affermazione di quella “buona politica” che si può costruire solo con l’apporto di tutti, nei rispettivi ruoli e responsabilità.

AUTORE: Francesco Bonini