San Francesco, il Sultano e l’Italia

Quest’anno è stata la Sardegna a portare l’olio per la lampada. Sono venuti in cinquemila guidati dalle autorità regionali, dal presidente Mario Floris, da ottanta sindaci e altre autorità, e dai vescovi dell’isola dei quali è presidente mons. Ottorino Pietro Alberti, arcivescovo di Cagliari che è stato arcivescovo di Spoleto – Norcia per quattordici anni (1973 – 1987). Per lui questa visita ha rappresentato un felice ritorno in una terra amata ed è un felice ritorno anche per noi che conosciamo la sua tenace opera per la ristrutturazione e il rilancio de La Voce come settimanale cattolico dell’Umbria. L’omaggio della Sardegna, e il legame di fraternità con la nostra regione trova in mons. Alberti un interprete efficace per la doppia appartenenza ideale che in lui abita. In questi giorni, tuttavia, non solo dagli abitanti della Sardegna, ma, si può dire, da ogni parte del mondo è sentito in modo particolare, più intenso e vivo, il legame con l’Umbria, Assisi e san Francesco. Ne è testimonianza l’ampia prevista partecipazione alla marcia Perugia-Assisi del 14 prossimo e soprattutto i frequenti riferimenti alla figura di san Francesco in occasione dell’attuale dibattito sui rapporti tra mondo occidentale cristiano e mondo musulmano. E’ stato più volte, ed a proposito, ricordato l’esempio di san Francesco che nel lontano 1216, epoca di crociate, cercò un contatto con questo mondo andando a visitare e a evangelizzare il Sultano Melek al Kamel in Egitto, che produsse una vicendevole rispettosa amicizia ed è stato anche ricordato il precetto dato ai frati di recarsi nei territori dei musulmani, ma senza predicare in attesa che venga il giorno indicato dal Signore e di non provocare contese. Un atteggiamento che può essere considerato per i cristiani un esempio di comportamento che spazza via tante opinioni confuse. Non sarà male ricordare, tuttavia, soprattutto ai laici pacifisti ed ecologisti, ammiratori di Francesco, che in questo uomo di Dio, oltre a tale dimensione di apertura agli altri, che lo portava a dialogare anche con gli animali e con tutte le creature, era presente anche la dimensione del missionario e dell’apostolo, di colui che si sentì chiamato a ricostruire la Chiesa che andava in rovina: “Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”. Tutti ricorderanno l’immagine giottesca del sogno di papa Innocenzo III che vede Francesco mentre sorregge la basilica di San Giovanni in Laterano. Troppe volte la virtù della tolleranza, la ricerca di dialogo, comprensione e apertura agli altri non sono commisurate con altrettanta attenzione e preoccupazione per la tutela e la rigenerazione del proprio patrimonio di valori ideale, della ricca tradizione spirituale e religiosa del popolo dei battezzati. Spesso nei dibattiti ci si scontra tra chi spinge all’estremo l’uno o l’altro dei poli del problema esasperando i toni e guardando solo in una direzione, quando, invece, i due punti di vista devono considerarsi complementari: si sostengono a vicenda e crescono insieme nella conoscenza. Presi da soli e assolutizzati, come si usa in questi giorni nella pubblicistica tendono all’autodistruzione o alla distruzione dell’altro: indifferentismo (con le sue componenti di relativismo e di ichilismo) e fanatismo (con le sue componeti di intolleranza e di violenza). Il vero dialogo si fa avendo come punto di partenza il rispetto di se stessi e la consapevolezza di essere nel posto giusto rispetto alla verità pur nel pieno rispetto della verità professata dagli altri in buona fede. San Francesco è invocato come Patrono principale d’Italia ed è riconosciuto da tutti come tale. Ci si augura che a tutti giunga anche la luce che viene dalla sua storia di uomo e di cristiano. Ne ha bisogno l’umanità in questo momento, ed anche il nostro Paese che fatica a tenersi unito e si logora ogni giorno tra furbizie ed egoismi, trovando enormi difficoltà sia a dialogare che a costruire.

AUTORE: Elio Bromuri