Sfaticati o sfortunati?

SCUOLA E LAVORO. Un convegno organizzato dalla Cei mette in luce

Il processo di inserimento lavorativo dei giovani è assai complesso. Da una parte sembra ci siano tanti ‘bamboccioni’ che rimangono a casa vivendo alle spalle dei genitori. Dall’altra parte si scovano i precari, che da una recente ricerca del Censis arrivano ad essere, tra i giovani, circa 1,5 milioni. Non si comprende, allora, se la nuova generazione sia composta da sfaticati o da sfortunati. ‘Giovani e lavoro’, un convengo organizzato dall’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro tra il 13 e il 15 ottobre, è stata un’occasione di confronto tra esperti e testimoni. Due gli aspetti principali da rilevare. Innanzitutto, la dimensione crescente del lavoro nella vita dei giovani. Per molti di loro, come ha detto il pedagogista Ivo Lizzola, ‘entra come esperienza importante in percorsi biografici e di costruzione dell’identità segnati dalla differenziazione (di ambienti, di incontri, di valori…), dalla variabilità, dalla possibilità, che spesso è più apparente che reale’. C’è invece la consuetudine a non considerare la giovinezza un periodo di vita in cui sia presente questo aspetto: conseguenza di un modo di pensare statico, composto da tappe sequenziali e irreversibili. Sovente però per i giovani lavorare è un’esperienza da provare: come avviene per l’universitario fuori sede che fa il cameriere in un pub. Una formazione che parli alla vita non può trascurare questa realtà. Anzi, è chiamata a valorizzarla per aiutare la nuova generazione a discernere il significato del lavoro, che non si può trovare soltanto nel guadagno per il consumo, ma si allarga alla sua dignità, alle conseguenze etiche che possono discriminare tra tipi di carriere. Diventano allora stimolanti i suggerimenti dello psicologo Cesare Kaneklin, che sottolinea come in un processo educativo occorra concentrarsi sulla solidarietà che vince la solitudine, e sulla ricerca di un senso da costruire, per non perdersi nel disorientamento ‘che tutte le mattine in qualche modo prende’. Da non dimenticare la grande speranza di promozione sociale riposta nell’istruzione. Come ha segnalato il sociologo Maurizio Ambrosini: ‘In Italia si reagisce alla sfida di incertezza e alla vischiosità del sistema occupazionale innalzando i livelli di istruzione. Il 90% dei giovani accede alla scuola secondaria superiore; 3 su 4 ottengono un diploma, oltre la metà si iscrive all’università’. Si svela qui la forte incongruenza del sistema del mercato del lavoro italiano, che non offre grandi prospettive per chi ricerca posti qualificati. Come denuncia il sociologo: ‘Pare che non pochi candidati nascondano la laurea per avere più speranze di assunzione’. Si evidenzia ancora una volta come la relazione tra giovani e lavoro sia complessa; dentro ci sono sogni e prospettive disagio e fatica. Occorre sostenere la nuova generazione nell’inserimento lavorativo che è un percorso lungo e difficile, dove l’istruzione non è sufficiente ma necessaria; dove diventa sempre più importante la chiarezza degli obiettivi che ci si pone in un mondo flessibile e complesso.

AUTORE: Andrea Casavecchia