Si ricomincia con tante domande

In settembre tutto ricomincia. Per chi non ha smesso niente, tutto continua. Il tempo però cambia, qualche alito di fresco arriva almeno la sera, si dorme meglio. Il risveglio settembrino per tutti si apre su uno scenario pieno di domande. Non facciamo l’elenco. Una domanda delle più comuni è: come andremo a finire con la crisi? Siamo all’inizio della fine? In mezzo al guado? Il peggio deve ancora venire? Chi sa rispondere? Ottimisti, scettici, pessimisti, catastrofisti, menefreghisti. Tutti all’opera. Una cosa che non risulta come una domanda, ma una triste certezza è che il lavoro non ci sarà per tutti quelli che ne hanno bisogno e che ne avrebbero diritto secondo la Costituzione. È un assillo che è sempre presente e cambia solo di intensità come tarlo mentale per masse di persone. Amare e lavorare sono le due gambe del cammino umano. Da quando sono nato ho sempre sentito presente nella nostra società viva e lancinante la questione del lavoro. Ma chi può inventare un lavoro che sia rispondente ai requisiti e alla logica del mercato? Un lavoro cioè che sia produttivo, utile, remunerato, dignitoso, socializzante, corrispondente a esigenze sociali e di mercato? Oggi la risposta a tutto ciò è il mercato. Solo il mercato può dare risposte, cioè tutti e nessuno, secondo la logica della domanda e dell’offerta. In passato lo Stato ha fatto l’imprenditore assumendo responsabilità e producendo debiti e carichi di spesa pubblica per esigenze sociali. Ma così si è prodotto e sviluppato il debito pubblico. È stato detto da un parlamentare democristiano che è stato accusato di avere aumentato il debito pubblico che la pace sociale negli anni di piombo esigeva e meritava un aumento della spesa pubblica. Cosa è meglio la guerra civile o un aumento del debito dello Stato? Mercoledì 29 agosto la tv ha fatto sentire e vedere un minatore della Sulcis che ha gridato la sua disperazione di fronte alla previsione della chiusura della miniera e improvvisamente, in diretta, ha tirato fuori un coltello e ha tentato di tagliarsi le vene. I portavoce dei minatori che si sono rinchiusi a 400 metri di profondità hanno detto di essere disperati e pronti a tutto. Se in situazioni simili, che esistono nel Paese, per limitarci al nostro, tutti reagissero allo stesso modo c’è da aver paura del futuro che ci aspetta. Quello che possiamo dire è solo una parola ai politici, per dare segnali forti di senso di responsabilità, per dare il buon esempio tagliandosi i loro privilegi e di rimettere al centro la persona umana e il lavoro, secondo i criteri della Dottrina sociale della Chiesa, evitando il rigore impietoso del fondamentalismo economico e dall’altro la demagogia e l’estremismo di atti estremi e purtroppo inutili sul piano della soluzione dei problemi. È anche ora che i cattolici ritrovino una loro strada o una loro casa in cui si riconoscano sui punti di orientamento che altrove sono alterati o deviati o appannati. La persona umana, la famiglia come Dio comanda, la scelta di politiche serie e responsabili. Il vescovo di Assisi Sorrentino  indica la Fede e Bruno Forte ha indicato il vangelo per risolvere la crisi. Qualcuno sorride. Una cultura cristologica potrebbe essere più utile che una deriva ideologica radicale e simili.

AUTORE: Elio Bromuri