Il 9 ottobre, venerdì, nel corso della quarta Congregazione generale della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sono state presentate in aula le Relazioni dei 13 Circoli Minori che nei giorni scorsi (dal 6 all’8 ottobre) si sono riuniti per riflettere sull’introduzione e sulla prima parte dell’Instrumentum laboris, alla luce dei contributi emersi in aula nel corso del dibattito svolto nelle prime tre congregazioni generali.
La quarta Congregazione generale si è aperta con un nuovo intervento del Papa, che ha esortato a pregare per la riconciliazione e la pace in Medio Oriente, rivolgendo un appello alla comunità internazionale per risolvere i conflitti in corso: “Aiutare efficacemente le parti interessate, allargare i propri orizzonti al di là degli interessi immediati e usare gli strumenti del diritto internazionale, della diplomazia, per risolvere i conflitti in corso.
Usare “un tono aperto”, che “favorisca il dialogo con i nostri contemporanei” e sappia adottare “il punto di vista della vita delle famiglie, senza limitarsi a quella delle coppie e al matrimonio”, questioni comunque “essenziali da affrontare”. In uno dei circoli francesi, moderato dal cardinale Gerald Cyprien Lacroix, si segnala una “certa inquietudine” dei padri rispetto al fatto che i “Modi” prodotti dai Circoli siano tutti compresi nella Relazione Finale, patendo dalla constatazione, emersa durante i lavori di questa prima settimana, che “l’Africa francofona, del Medio e Vicino Oriente, della Francia, della Svizzera e del Canada sono diverse, e le parole della lingua francese non rivestano lo stesso significato da una parte o dall’altra dell’Atlantico o del Mediterraneo”.
Tra i rischi segnalati dal Circolo minore francese moderato dal cardinale Robert Sarah, quello di presentare una visione “troppo europea col rischio di vedere le cose attraverso una certa prospettiva”.
Nel dibattito tra i padri sinodali ha trovato ampio spazio di discussione la “teoria del gender”, definita “ideologica, specialmente quando è diffusa o imposta da alcune organizzazioni internazionali”. Nel Circolo di lingua italiana moderato dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, si è chiesto di mettere “più chiaramente in luce il carattere ideologico” della “teoria del gender”, offrendo alle famiglie “un aiuto per riprendersi il loro originario diritto all’educazione dei figli nel dialogo responsabile con gli altri soggetti educativi”. Di “gender” si è parlato anche nel gruppo francofono moderato da monsignor Maurice Piat, in cui si è ricordato che “queste diverse teorie del ‘gender’ sono state sviluppate in sociologia e in filosofia, ma quando queste teorie diventano degli assoluti tendono a produrre un sistema di ‘pensiero unico’ che dissolve la famiglia, la genitorialità, l’amore umano in ciò che esso ha di più nobile e umanizzante”.
Più attenzione alle questioni legate alle migrazioni e alle famiglie “marginalizzate” o escluse. Nel Circolo minore di lingua inglese moderato dal cardinale George Pell “grande attenzione è stata data alle famiglie che migrano, che richiedono un’ulteriore e speciale generosità della comunità di fede e dei governi per fare il benvenuto a queste famiglie”. Nel Circolo anglofono moderato dal cardinale Vincent Gerard Nichols la menzione dei migranti è inserita all’interno delle famiglie “escluse” e “marginalizzate”, e a quelle che hanno a che fare con “problemi sociali come alloggi inadeguati, disoccupazione, abuso di droghe”.
“L’unico modello di famiglia che corrisponde alla dottrina della Chiesa è quello fondato sul matrimonio tra uomo e donna”. È quanto ricorda il Circolo minore di lingua italiana moderato dal cardinale Francesco Montenegro. Un appello al “realismo pastorale” viene anche dal Circolo italiano moderato dal cardinale Edoardo Menichelli, in cui i padri hanno ricordato tra l’altro che “la pari dignità fra uomo e donna ha radici evangeliche”. Di qui la necessità di rilanciare “la realtà della donna e del suo ruolo all’insegna della reciprocità valorizzando l’uguaglianza e la differenza, evitando eccessi e unilateralità”, evitando però “i limiti di un femminismo all’insegna della sola uguaglianza che schiaccia la figura della donna su quella dell’uomo e i limiti di quello all’insegna della sola differenza che tenta di allontanare le identità uomo-donna”.
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