Tariffe postali: la trattativa c’è

Intervista a Giorgio Zucchelli (Fisc): buoni motivi per avere fiducia

Sono trascorsi quattro mesi dalla decisione del Governo di eliminare le tariffe postali agevolate per tutta l’editoria libraria, quotidiana e periodica. Una decisione che ha messo in seria difficoltà tutti gli editori, soprattutto piccoli. Anche per noi i costi per la spedizione del giornale sono aumentati, da un giorno all’altro (è proprio il caso di dirlo!) del 120%. Se il 30 marzo spedire una copia del giornale da Perugia a Terni costava 10,72 centesimi, dal primo aprile abbiamo dovuto pagare 23,78 centesimi, ossia la tariffa piena, venendo a mancare l’integrazione tariffaria che il Governo garantiva a Poste italiane. La Fisc (Federazione che raggruppa 187 settimanali cattolici), da subito, si è attivata non solo per opporsi al decreto (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 marzo, il decreto è in vigore dal 1° aprile) ma anche per cercare una soluzione che non penalizzasse così gravemente i settimanali cattolici del territorio. Ci sono stati incontri con rappresentanti del Governo, delle Poste e degli editori. A distanza di quattro mesi e alla vigilia delle ferie, facciamo il punto con don Giorgio Zucchelli, presidente della Fisc. Don Zucchelli, qual è la situazione attuale? “La Fisc si è attivata da subito, il 1° aprile, inviando una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e ai sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, nella quale esprimeva il proprio sconcerto di fronte al decreto, chiedendo fortemente di ripristinare le tariffe postali agevolate. Un intervento chiaro e deciso, ripreso dal Sir e da tutti i nostri giornali. Giovedì 8 aprile, la Federazione è stata invitata ad un incontro con Governo e Poste italiane, presieduto dal sottosegretario Letta, a fianco delle più importanti sigle dell’editoria italiana. L’invito a noi rivolto come soggetto autonomo è stato un significativo riconoscimento. In seguito, il 14 aprile, Elisa Grande, responsabile del dipartimento dell’editoria, ha aperto i tavoli a tre (Governo, Poste e associazioni dell’editoria) iniziando proprio dalla Fisc. Questa seconda convocazione come rappresentanza autonoma è stata non solo importante ma addirittura determinante. Siamo infatti riusciti a far capire ai nostri interlocutori che i settimanali Fisc hanno una tipologia diversa da tutti gli altri periodici”. E come sono andate le trattative? “Ci sono stati sviluppi positivi nei giorni seguenti. Poste italiane si è dichiarata disponibile ad equiparare ai quotidiani i settimanali (compresi i nostri) che abbiano caratteristiche editoriali analoghe ed escano con almeno 16 pagine. Tale equiparazione nel trattamento postale comporterebbe la spedizione J+1, nonché una tariffa che, sulla base di quella dei quotidiani, risulterebbe a noi accettabile. Questo accordo sarebbe una svolta storica per i nostri giornali, attesa da anni, che ci garantirebbe finalmente una distribuzione rapida e sicura. La Fisc si è attivata su più fronti per informare e sensibilizzare i più alti esponenti delle istituzioni nazionali, tra gli altri il ministro Maurizio Sacconi. Nel contempo, dietro sollecitazione dei direttori del Triveneto, molti nostri giornali hanno pubblicato all’inizio di giugno, un secondo appello-protesta perché il Governo prendesse in mano la situazione. Comunque sia, i responsabili del Comitato tecnico della Fisc sono costantemente in contatto con funzionari delle Poste per tenersi aggiornati sulla situazione. Ci sono contatti frequenti con il segretario dell’Uspi, Francesco Vetere. Oggi come oggi sappiamo che la trattativa tra Poste e Fieg continua con positive speranze”. Cosa è realisticamente possibile attendersi dalle tre parti con le quali la Fisc si confronta? “Realisticamente, temo che non ci sarà nessun conguaglio per il 2010. Ma sono fiducioso nella firma dell’accordo con Poste. Accordo che dovrebbe partire dal 2011 e che dovrebbe essere per i giornali della Fisc molto positivo. Accordo, inoltre, che, escludendo provvidenze statali, non soffrirebbe di quell’incertezza che, anno per anno, ci ha accompagnato nel passato”. Come valuta il silenzio mediatico che, ad eccezione di “Avvenire”, regna su questa vicenda? “Ritengo che dipenda dalle diverse condizioni in cui i giornali operano. Tutti i quotidiani vengono venduti per la maggior parte in edicola, eccetto Il Sole 24 Ore, e quindi non hanno il problema postale, se non marginalmente. L’hanno i grandi gruppi editoriali cui fanno capo e che editano diversi prodotti, fra cui i rotocalchi. Ma, visto il loro silenzio, probabilmente godono di una tale flessibilità nella distribuzione che non subiscono gravi danni. In caso contrario si farebbero sentire! A loro non interessa la piccola editoria che soffre maggiormente della situazione. Avvenire, al contrario, si pone in una linea professionale di ben altro profilo”.C’è anche la questione dei contributi diretti…“Molti nostri giornali non hanno avuto finanziamenti: o perché la pubblicità supera le soglie massime consentite, o perché sono nati dopo il 1988, data limite oltre la quale non è possibile godere dei contributi diretti. Siamo in un tempo in cui non si possono più fondare politiche aziendali su queste entrate, che potrebbero ridursi drasticamente, un anno con l’altro. Dobbiamo camminare con le nostre gambe il più possibile, come abbiamo scritto e detto in tante occasioni. E per questo, come Federazione, dobbiamo aiutarci a trovare insieme soluzioni nuove e adatte alle diverse nostre realtà”.