Tempo di ricordi

Questo numero porta la data del 2 novembre, giorno della Commemorazione dei defunti. Un giorno feriale e mesto, che getta un’ombra su tutto il mese, chiamato dal popolo ‘il mese dei morti’. Si va nei cimiteri ad incontrare parenti e amici, portando fiori e lumi. Nei paesi l’incontro assume quasi il carattere di festa, con scambi di notizie e di saluti. Ad una certa età il maggior numero di amici si trovano proprio là dove dormono in pace. Rievocarne anche per un attimo la memoria nel silenzio di una preghiera con gratitudine è un moto spontaneo dell’anima di ciascuno. Quel luogo della memoria fa riemergere sentimenti che il vivere quotidiano tende a seppellire sotto la coltre delle preoccupazioni. I giorni della memoria dovrebbero essere dedicati, oltre che ai propri familiari, anche alle tante vittime di morti premature ingiuste e violente, a causa del lavoro, della strada, di malattie che non si è riusciti a fermare, del terrorismo, della guerra. Pur senza fare una litania di lutti e di stragi, non possiamo non ricordare, ad esempio, i naufragi di immigrati, giovani donne e bambini, che stanno avvenendo da anni sotto i nostri occhi nelle acque che bagnano le coste italiane. Si contano in numero di mille l’anno. Cifre alte, troppo alte, intollerabili, anche per i morti sul lavoro e sulla strada. Un pensiero doveroso e opportuno, richiamato anche dalla giornata del 4 novembre, la data storica della Vittoria che ha suscitato tanta retorica nazionale, deve essere riservato ai caduti e i dispersi di guerra. Un ricordo fuori di ogni retorica, accompagnato dalla riflessione sulle cause dei conflitti, sulla tragedia delle guerre e sulla responsabilità di coloro che hanno seminato paure, odio e disprezzo tra i popoli. Una consapevolezza aperta alla responsabilità di operare per l’affermazione dei principi che stanno alla base della pace, ed attivare percorsi di riconciliazione tra coloro – nazioni e schieramenti politici – che si scontrarono nei campi di battaglia e nelle lotte partigiane. Non possiamo portare fiori ai cimiteri senza contemporaneamente operare a favore della vita e della pace. Si è detto che la regola della vita è la crescita. Così è anche della vita sociale, che deve crescere nella compattezza, nella riconciliazione, nell’unità e nella solidarietà, emarginando i seminatori di discordia, di contrapposizioni frontali e conflittualità esasperate, che sono i prodromi di ogni scontro fisico e della violenza. Con questi richiami i giorni dei ricordi non saranno soltanto carichi di affetti e nostalgia del tempo perduto e delle persone scomparse. A queste, purtroppo, nessuno può rendere un grazie e restituire quello che non hanno potuto avere da noi, se non passando attraverso le vie della della fede. A conclusione e a modo di esempio, è giusto notare che domenica scorsa si è svolta la beatificazione di 498 martiri, uccisi in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso. Benedetto XVI nell’occasione ha svolto una riflessione su quel tipo di martirio che ogni giorno è possibile soffrire nell’adempimento della propria vocazione nel mondo, in qualunque condizione ci si trovi, vivendo il Vangelo senza compromessi. Questo tipo di martirio non è un’eccezione, ha detto il Papa, ma una via ordinaria di essere cristiani. I 498 beatificati ‘hanno pagato con il sangue la fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa’ compiendo ‘gesti di perdono verso i loro persecutori’. Un simile ricordo, nell’auspicio di Benedetto XVI, suona come un pressante invito ‘a lavorare instancabilmente per la riconciliazione e la convivenza pacifica’, non solo in Spagna.

AUTORE: Elio Bromuri