È tempo per noi di “passare a”

Pasqua: Pésach, passaggio. La Pasqua è una soglia da attraversare, un passaggio da compiere, un cammino da intraprendere. È il passaggio del Signore tra le case di Egitto per liberare Israele, è il passaggio di Israele attraverso il Mar Rosso, è il passaggio di Cristo dalla morte alla vita. Pasqua è l’essere associati a quel mistero che ha sconfitto la morte e ridato a noi la vita, quella che non conosce tramonto.

Ma far Pasqua oggi è camminare in novità di vita nel presente, per il singolo e per l’insieme, per il cristiano e per la comunità. E il passaggio ha a che fare con un prima e un dopo, non solo di ordine cronologico, ma segnato dalla diversità tra quello che era e ciò che è e che sarà. Il tempo pasquale, che abbiamo da poco inaugurato e che ci farà giungere alla solennità di Pentecoste, diventa così momento prezioso nel quale sperimentare il cambio di passo lasciandosi interrogare dal confronto con ciò che abbiamo celebrato e ciò che celebreremo nelle settimane a venire.

Nella madre di tutte le Veglie, da poco tempo vissuta, anche quando non sono stati celebrati dei battesimi non è mancata la liturgia battesimale, ricordo della nostra rinascita e ‘battesimo della comunità’. La comunità, insieme, depone l’uomo vecchio e si riveste del nuovo, assume – o almeno tenta di assumere – gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù per vivere nella novità dell’amore. Ripetutamente nelle celebrazioni della cinquantina pasquale proclameremo e ascolteremo i Vangeli delle apparizioni del Risorto. Dove si nota come il gruppo dei suoi, uomini e donne, si mettano in movimento per annunciare la buona novella; non vivono nell’immobilismo, non stanno con le braccia conserte e le gambe accavallate, ma si muovono verso i fratelli e le sorelle affinché tutti siano raggiunti dal lieto accadimento.

Alla Chiesa è ricordato che la prima missione è l’annuncio, e che il passaggio da compiere è dalla vacuità delle parole alla consistenza della Parola, del Verbo fatto carne che ha sconfitto il peccato e la morte. Ma ancora: le comunità si confronteranno con la vita della Chiesa nascente, che negli Atti degli apostoli è descritta con alcune abitudini: assidua nell’ascolto degli apostoli, nella frequentazione del Tempio, nella preghiera, nello spezzare il pane nelle case, nella condivisione dei beni.

La vita pasquale delle comunità di oggi è messa a confronto con la vita della comunità di ‘ieri’, perché da essa possa trarre esempio e vivere in questo tempo ciò che essa ha vissuto un tempo. Lo spezzare il pane, l’ascolto della Parola, la preghiera, la condivisione dei beni possono dunque essere ancor oggi i pilastri delle comunità cristiane. Anche perché è soprattutto con la vita che si dà testimonianza e si assolve alla missione consegnata alla Chiesa dal Risorto prima di ascendere al cielo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Infatti, proprio al termine della prima descrizione che Atti degli apostoli fa della Chiesa nascente afferma: “Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2,47), come a dire che grazie a come vivevano, non solo godevano del favore del popolo, ma si aggregavano a loro nuovi membri.

La Pasqua ecclesiale, pertanto, potremmo indicarla come passaggio dalla sterilità alla generatività, frutto di una rinnovata vita evangelica tutta da sperimentare nel tempo che viene, unico orizzonte di possibilità per nuove rinascite e anche nuove vocazioni.

Francesco Verzini

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