Tre sventurate vittime del dovere

Disinnescando una bomba persero la vita. Solo un'aiuola con tre cipressi li ricorda

Quei morti dimenticati, o quasi; Cosimo Antonio Di Palma, Gustavo Ingrossi e Rodolfo Turriti. Tre nomi che probabilmente nessuno o pochissimi ricordano, che soltanto qualcuno tra i meno giovani ha sentito magari nominare. Eppure debbono essere considerati benemeriti della città. Chi erano? Tre giovani del sud, quasi tutti sui ventidue anni, arrivati a Gubbio al seguito dell’esercito italiano dove erano stati arruolati nel reparto ‘guastatori’; a Gubbio erano rimasti dopo l’armistizio dell’otto settembre allacciando amicizie, facendosi apprezzare dall’intera comunità per la solarità del loro carattere, integrandosi sollecitamente nella realtà locale della quale, con lo scorrere dei mesi, si erano sentiti parte integrante. Anche per questo, oltre che per onorare quella divisa che avevano sempre e comunque rispettato, non avevano saputo dire di no alle autorità che, il giorno prima di ripartire per le loro città di origine, li aveva pregati di un favore che solo loro avrebbero potuto fare. Nei giardini pubblici di piazza 40 Martiri, di lato all’ospedale civile, era affiorata una potente bomba inesplosa, un pericolo per tutti, una insidia in più per una realtà che provava a riprendersi dai drammi e dai lutti provocati dalla guerra. La mattina del 26 luglio 1944 Di Palma, Ingrossi e Turriti hanno cominciato il loro lavoro mettendo in atto le cautele e le attenzioni acquisite nell’arco del servizio militare. Qualcosa li ha traditi: un meccanismo più delicato del solito, qualche gesto non corretto oppure quella fatalità che si chiama in causa quando la ragione non ci arriva. Un boato tremendo ha risvegliato e richiamato paure non sopite, ferite ancora sanguinanti. Per i tre giovani guastatori la morte è stata istantanea con la bomba a vendicarsi dilaniando in maniera orribile i loro corpi. Sul luogo è stata costruita una aiuola rialzata con tre pini, piante che hanno ricordato nell’immediato Cosimo Antonio, Rodolfo, Gustavo. Il ricordo si è però lentamente sbiadito. ‘Vedete quei tre pini che ornano quell’aiuola? Ricordano i tre ‘Ceri’, protagonisti della celebre manifestazione che si celebra a Gubbio il quindici maggio di ogni anno’: una battuta autentica, una notizia servita ad alcuni turisti in visita organizzata nella città. ‘Erano ragazzi splendidi ‘ ricorda ancora oggi Umberto Pienotti, un concittadino che ha avuto modo di conoscerli ed apprezzarli ‘ al quale tutti dovremmo essere grati. Meriterebbero una maggior gratitudine da parte di tutti. Basterebbe poco per richiamare la vera origine di quella aiuola realizzata all’interno dei giardini pubblici’, uno spazio restituito al godimento di grandi e piccoli, aggiungiamo noi, grazie anche al sacrificio di questi tre ‘figli del sud’ che non hanno saputo dire di no non tanto per il rispetto della divisa e della professione affinata in tante azioni del genere, quanto per il rapporto di affetto che erano riusciti ad instaurare con la città e la sua gente. Un invito a ricordare non nuovo, formulato, anche se invano, negli anni passati. Una riflessione del genere l’aveva sollecitata in un passato abbastanza recente anche Maria Luisa Scavizzi che aveva affidato agli organi di informazione una proposta semplice, ma efficace: ‘Tre piccoli cipressi piantati nel luogo della tragedia ‘ scriveva Maria Luisa Scavizzi nel ricordare quel drammatico episodio ‘ dovrebbero ricordare ai posteri le tre sventurate vittime del dovere, ma non sarebbe più valido allo scopo una lapide od una targa?’. Una sollecitazione che rilanciamo volentieri, lasciandola alla valutazione dei lettori e della cittadinanza nelle sue varie espressioni.

AUTORE: Giampiero Bedini