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VEGLIA DI PENTECOSTE. La Cei lancia l’idea - non solo in Italia - di dedicarla alla preghiera per i cristiani perseguitati

Kalkar-pentecosteA tutte le comunità cattoliche – non solo italiane – la Presidenza della Cei propone di dedicare la Veglia di Pentecoste (23 maggio) ai martiri contemporanei, alla tragedia di tanti cristiani e tante persone i cui diritti fondamentali alla vita e alla libertà religiosa vengono sistematicamente violati.

“Esiste un legame forte – afferma il testo, citando Papa Bergoglio – che già ci unisce, al di là di ogni divisione: è la testimonianza dei cristiani appartenenti a Chiese e tradizioni diverse, vittime di persecuzioni e violenze solo a causa della fede che professano… Questa situazione – prosegue la Cei – ci interroga profondamente e deve spingerci a unirci, in Italia e nel mondo, in un grande gesto di preghiera a Dio e di vicinanza con questi nostri fratelli e sorelle. Imploriamo il Signore, inchiniamoci davanti al martirio di persone innocenti, rompiamo il muro dell’indifferenza e del cinismo, lontano da ogni strumentalizzazione ideologica o confessionale”.

Da qui appunto “la proposta di dedicare, in Italia e in tutte le comunità del mondo che vorranno aderire, la prossima Veglia di Pentecoste ai martiri nostri contemporanei. A questo scopo si sta inoltre lavorando a un progetto di diffusione – attraverso i social media – di testimonianze e storie, dai diversi Paesi: racconti di fede e di amore estremo, eventi di condivisione, fatti di carità. Sono moltissimi i cristiani e gli uomini di ogni confessione capaci di testimoniare l’amore a prezzo della vita. Tale testimonianza non può passare sotto silenzio, perché costituisce per tutti una ragione di incoraggiamento al bene e di resistenza al male”.

Corea-cristianiIl Vaticano e le Chiese cattoliche d’Europa – tramite il loro organismo Ccee – a loro volta hanno esortato l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) “ad agire in modo chiaro” contro l’intolleranza e i “crimini d’odio” verso i cristiani, e a proteggerli nei loro territori, giacché in alcune regioni essi subiscono persecuzioni per le quali “si potrebbe anche parlare di tendenze genocide”.

Dalla conferenza sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani promossa il 18 maggio a Vienna dall’Osce è infatti emersa “l’importanza di rafforzare gli sforzi per prevenire e combattere l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani nella regione, concentrandosi sui crimini ispirati dall’odio, l’esclusione, l’emarginazione e la negazione dei diritti”.

“Con l’aumento dell’intolleranza religiosa nel mondo”, ha affermato la delegazione della Santa Sede, “i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato e discriminato a livello globale. In alcune regioni, tra cui quelle alle porte della regione Osce, si potrebbe anche parlare di tendenze genocide in queste persecuzioni”. Anche dove ai cristiani “sono risparmiate simili atrocità… viene spesso ricordato loro nel discorso pubblico, o anche nei tribunali, che possono credere ciò che vogliono in privato, e celebrare il loro culto come vogliono nelle loro chiese, ma semplicemente non possono agire a partire da quelle credenze in pubblico”. Ma “negare un posto nella sfera pubblica ad argomenti morali religiosamente informati è intollerante, anti-democratico e anti-religioso”.

Per rendersi conto della gravità della situazione a livello mondiale, basta sfogliare la annuale World Watch List dedicata al fenomeno. Il testo stila un elenco di 50 Paesi in base al grado di persecuzione che i cristiani affrontano per il solo fatto di confessare e praticare la propria fede. La List è compilata da esperti di “Porte aperte”. Le analisi si basano soprattutto sul grado di libertà dei cristiani nel vivere apertamente la fede in 5 sfere della vita quotidiana: nel privato, in famiglia, nella comunità in cui risiedono, nella chiesa che frequentano e nella vita pubblica della nazione; una sesta area misura l’eventuale grado di violenze subìte.